(Heaven and Hell Records) Quando il mio stimato caporedattore mi ha detto che aveva per me un album che suonava come gli Anathema di “Eternity”, sono subito stato molto scettico: poi è partita “In Pursuit of Redemption” e mi sono ravveduto. The Reticent, solo project dell’artista Chris Hathcock, proveniente dal North Carolina, riesce davvero a replicare quelle magiche atmosfere post-metal di metà anni ’90 che oggi i fratelli Cavanagh (almeno a parere di chi scrive) hanno completamente smarrito: e anche la timbrica del polistrumentista è molto simile a quella del frontman Vincent. Il disco – il terzo sotto questo monicker – inizia quindi con uno splendido tuffo nel passato, con un sound decadente e romantico; “Enemy” si spinge ancora più in là, ormai vicino alla psichedelica o ai Porcupine Tree, o magari (ma non trovo il paragone completamente indovinato) a certe cose degli Opeth. L’acustica “Le Tenia” è il primo raggio di sole dopo un temporale, mentre “Patience” è un crescendo inespresso tutto basato su tamburi e chitarre incessanti, quasi ansiogene. “Silence” spinge invece maggiormente sul versante metallico, arrivando in qualche punto addirittura ai suoni di “Serenades” (per chi non lo sapesse, sempre degli Anathema): non male, ma i brani sono più intensi quanto puntano sulla drammaticità. E arriviamo così alla conclusiva “With folded Arms”, dove la musica sparisce e tutto si risolve in un disperato e lontano canto a cappella. Non merita il massimo perché è un disco molto derivativo, ma gli appassionati delle formazioni sopracitate possono acquistare a occhi chiusi.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10