copthetruee(Aphelion Productions) Permettetemi un’affermazione in totale libertà, pur con la consapevolezza di non ascoltare tutto quello che viene pubblicato in Italia, ma solo ciò che ricevo, e con tutto il rispetto dei tanti che fanno buona musica, ma ritengo da sempre che i The True Endless siano il black metal in Italia e che come lo suonano loro ve ne sono ben pochi. M. e Soulfucker dalla fine degli anni ’90 ad oggi hanno totalizzato una discografia enorme, vivendo nell’underground e suonando in giro per l’Europa. The True Endless è black metal come il genere chiede di essere espresso, cioè in modo freddo, dirompente, sfrenato e libero da forme, aggiustamenti aggiuntivi che ne snaturano il senso. “Legacy of Hate” è il nuovo album, lo si attendeva da qualche tempo, circa quattro anni sono passati dal precedente “An Year in Black”, ma senza il patema dell’assenza visto che le pubblicazioni non sono cessate in questo arco di tempo. “Admission Ov Khaos” sorge in apertura dell’album con piacevole melodia che poi sconfina nel più tipico dei ricami black metal delle chitarre, cioè in modo spedito e con alcune pause che ne addolciscono i toni. Tuttavia è una melodia ancestrale, arcaica, remota. Da subito si nota il lavoro di Mayhem alla batteria – il quale ha lasciato la band da tempo, al suo posto ora c’è Algol, il bassista dei Forgotten Tomb- e la buona espressività e livello sonoro del basso di Soulfucker. I due erigono un muro imponente, sul quale le chitarre dispiegano le proprie battaglie e le voci si esprimono con solita ferocia, salvo per qualche variazione fuori dallo scream e dunque in clean. All’interno di “Perverse Vision” si impone una sezione con synth che infondono ulteriore maestosità agli accordi delle chitarre e sviluppano un momento degnamente sinfonico, ma altamente barbarico nell’essenza e sempre grazie al pestare tempestoso di Mayhem. Sfrenata ma modale e poco incisiva “Legacy of Hate”, nonostante alcuni brevi passaggi sul thrash metal, mentre “Listen” gioca su tempi veloci, medi e lenti. Il sound sembra abbastanza pulito, ma attenzione perché quel senso, quella ruvida crosta di ghiaccio e barbarica attitudine (soprattutto in “As Our Ancestors”) è dannatamente presente e non fugge da questo inferno. E’ metallo nero quello dei Novaresi, non potrebbe essere altrimenti e non potevano proporre qualcosa di diverso se non black metal anni ’90, comunque dinamico nel suo alternarsi tra blast beat e mid tempo e poi sempre proteso a sviluppare melodie ammalianti, misteriose, guerrafondaie, epiche. The True Endless, the true black metal.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10