(ATMF) La one man band Titaan apparve dal nulla qualche anno fa, pubblicando all’improvviso “Kadingir” (recensione qui). Tutto è avvolto nel mistero: la provenienza, la storia… l’unica informazione nota è il nome della mente dietro al progetto: Lalartu. Un black metal barbarico, sfrenato, devastante, annichilente… violenza senza confini a cavallo tra cinica brutalità, lo-fi asfissiante, precisione e qualità sonora sorprendenti. “Itima” è il secondo capitolo il quale vuole spingersi ben oltre. Oltre i limiti, oltre le soglie, oltre i confini, fondendo black metal senza pietà a riff di scuola thrash, aperture atmosferiche di stampo teatrale o sinfonico… il tutto compresso dentro un unico brano che dura più di quarantacinque minuti! Questo unico brano segue percorsi contorti, legati ad oscure divinità mesopotamiche, seguendo un malvagio rituale il quale alterna momenti sensoriali, di preghiera, di innalzamento spirituale a sfuriate di violenza, nelle quali lo spargimento di sangue diventa esso stesso un culto, una religione basata su una veemenza disumana, una impetuosità animale che annulla vita, sentimenti ed anima. “Itima” richiede devozione. Immersione. Lascivo ed isterico abbandono. Una psicosi di estremismo sonoro e culturale ricca di sublimi dettagli espressi musicalmente: dai blast beat più prepotenti, alle aperture ambientali più oscure, passando per chitarre classiche che regalano melodia a rituali sacrilegi, aggiungendo strumenti etnici che tutto ad un tratto vengono sopraffatti da un black spinto a livelli deviati. Un sentiero infernale, tra catacombe sulfuree, tombe senza pace, panorami mozzafiato, divinità dai nomi impronunciabili, fino ad un epilogo immondamente liturgico.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10