copwhitee(Peaceville) Perché Paul Allender è andato fuori dai Cradle Of Filth? Al fatale evento Dani ha dato poche settimane or sono una sommaria spiegazione: “I problemi non sono tanto a livello personale, quanto il fatto che si sia trasferito in Minnesota e che il suo side project, i White Empress, gli stiano togliendo parecchio tempo a sua disposizione. Io ho ben due side projects, ma metto sempre al primo posto i Cradle Of Filth”. L’iniziale canzone omonima di questo album forse insinua che la direzione dei Filth è ancora calcificata in soluzioni che non arrivano ad evolversi. Provate a immaginare i Cradle Of Filth o almeno quel loro riffing drammatico ma teso, teatrale ma sporco, insomma il modo di concepire sequenze di accordi di Allender e mischiateli con elettronica, un lieve tocco sinfonico e alcuni giochi di produzione ed ecco ciò che i Filth non sono per Paul e chissà se anche per qualcun altro che non sopporta più certe ripetizioni. White Empress è un progetto che ha una diretta discendenza con i Cradle Of Filth e una relativa contaminazione. Una scoria tossica e lo è perché Paul Allender vi è dentro con tutto il bagaglio compositivo formato per anni con Dani. Lo è perché i Cradle Of Filth sono i maestri e forse inventori di un genere, ma allo stesso tempo la sensazione è che Paul abbia voluto evolvere quella forma musicale che i vampiri inglesi hanno suonato per decenni e che mai è arrivata a una vera evoluzione, ma al massimo ad un suo perfezionamento. Chi scrive ha sempre pensato che i Cradle Of Filth prima o poi sarebbero arrivati ad una sublimazione del proprio modo di comporre, votandosi ad un robusto, agile e magari sottilmente progressivo e sinfonico gothic. Non è mai stato così, ma adesso ecco che il fuorisucito Allender mette in piedi proprio tutto questo, insieme a Mary Zimmer dei Luna Mortis (voce), Will Graney dei Damnation Angels (tastiere), Chela Harper, già bassista per Coal Chamber, Jeremy Kohnmann dei The Awakening (chitarra) e addirittura Zac Morris, batterista per molti e per gli Ugly Kid Joe. Una squadra variegata, per carriere e provenienze artistiche e dunque diversità che diventano ricchezza. “Rise of the Empress” presenta una poderosa aggressività del riffing, fasi thrash metal, la cupa attitudine delle melodie rinforzate da tratti sinfonici maestosi e cesellati da graziose chicche elettroniche. Ogni elemento s’incastra all’altro arricchendo il sound, rendendolo teatrale, drammatico, accattivante. Tutto al suo posto e con la sensazione che molte fasi siano ad un passo dai Filth. Non ci si poteva aspettare da Paul uno stravolgimento del suo modo di suonare, ma era legittimo attenderlo su una prova che fosse concretamente valida e in questo Paul ha centrato l’obiettivo.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10