copwilddawn(Brennus Music) Il rock ‘n roll è bello.Lo ascolti e subito ti prende. E’ così? Per voi no? Nella marea di album da ascoltare per poi scriverne, quando arriva un lavoro di stampo rock ‘n roll è un modo per staccare la spina ed abbandonarsi totalmente alle note ruggenti. Il rock ‘n roll pervade l’anima. I Wild Dawn suonano appunto rock ‘n roll, sono francesi, di Orléans, e pare lo suonino dal 2008 ed hanno girato l’Europa con Electric Mary e Girlschool. “Pay Your Dues” è un album ben registrato, c’è pulizia nelle note e c’è chiarezza nelle frequenze sonore degli strumenti. Diversi pezzi sono basati su dei riffoni tipici del r’n’r, nel senso che hanno in se il genoma del genere e la discendenza dal blues. Pezzi freschi, frizzanti, con le chitarre che sono la spina dorsale e la sezione ritmica attenta a sorreggere il tutto. Greg ha una voce (è anche chitarra) roca, adatta alle ambientazioni di questo rock d’assalto, a volte quasi street, ma anche southern, classic/seventies e così via. Poco meno di un’ora di musica, la quale non mi ha poi del tutto convinto e i motivi li spiego di seguito. Greg ha si il timbro giusto, ma la sua interpretazione dei testi, il saperli trasmettere, raccontare è al momento qualcosa di acerbo. Anche la pronuncia inglese non è fluida. I tanti e diversi riff e refrain possono suonare all’orecchio come già sentiti, ma non mi sento di tacciare i Wild Dawn di avere poche idee. Il rock si suona in un solo modo e loro fanno esattamente quello. Manca però quel qualcosa in più. l’effetto personale. Per esempio “S.A.D Story” ha quel ritmo cadenzato che si impone, un paio di bridge seducenti, eppure il brano non vuole decollare del tutto e non so se è il comparto vocale poco ispirato (e pensare che c’è anche il coro). Se “Plagues of the 21st Century” suggerisce un atteggiamento in parte alla Motorhead (non nel ritornello) e offre qualche minuto di adrenalina pura. La seguente “In My Own Worst Enemy” gioca su un mid-tempo, un cantato più veloce e un atteggiamento generale del pezzo che ricorda vagamente gli Aerosmith. Ci sono poi alcuni pezzi, in primis “Stone Cold Motherfucker”, che poggiano su un rock-blues tradizionale, ma dall’aspetto stereotipato. Tra le cose che non mi hanno convinto c’è anche la batteria che rulla poco in alcuni momenti, quando dovrebbe invece offrire qualche stacco e la scarica sulle pelli per dare il contributo a far decollare le fasi. Le influenze potrebbero essere Led Zeppelin, naturalmente, ma anche Guns ‘n Roses, i già citati Motörhead e vaghi cenni stoner, più alla Zakk Wylde che altro, quindi sempre con una forte contaminazione southern. Il punto però è che in alcuni casi sono più le influenze a parlare che un loro sincero stile. Non sono una brutta band i Wild Dawn e credo che live siano anche un piacere. Anzi sembra che ci suonino parecchio. “Pay Your Dues” è abbastanza gradevole, però propone quasi un’ora di musica è conseguentemente è comprensibile trovare più particolari ed aspetti che non soddisfino pienamente. Tanto materiale e forse la band di idee ne aveva parecchie. In effetti ascoltando alcune canzoni si notano delle variazioni strumentali inaspettate e prolungate, un buon segno, ma anche un segno che denota l’esigenza di dover affinare e concentrarsi meglio su alcuni brani e lasciare qualche altro per il futuro.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10