(Orchestrated Misery Records) Quando li ho visti in faccia gli Yellowtooth ho pensato che fossero dei tranquilli medio borghesi americani. Tre uomini dediti alla pesca o alla caccia, oppure al boowling e al baseball. Peter Clemens ha un passato nei Sea of Tranquillity, Skullview, Shades of Grey, Nocturnal Torment ed è bassista e cantante. Il barbuto Ed Kribbs è un batterista dallo stile essenziale e proviene dai Chronic Disorder, band che mise in piedi con il terzo componente dei Yelowtooth, ovvero il chitarrista Henry McGinnis. Tutti e tre arrivano da diverse esperienze death metal negli anni ’90 e seguenti e nel 2008 hanno formato gli Yellowtooth per conquistare il mondo. Pare che abbiano però speso il tempo a bere birre e parlare delle loro influenze musicali, come dei ragazzini che formano una band e devono poi decidere cosa fare. In fondo suonare musica in una band è anche questo: un modo per rimanere giovani e dare spazio all’impulsività e alle passioni. Loro credo abbiano superato abbastanza i 40 anni, ma nel voler rimanere aggrappati alla propria passione per il metal estremo e nel fare musica si sono rivelati saggi ed intelligenti. “Disgust” è un debut album (prima di questo solo due demo) il quale offre un insieme di death/doom/sludge. Un surrogato che gli Yellowtooth hanno affrontato con anima crossover. Le loro simpatie per il thrash, per il death contaminato dall’hardcore, per il doom-sludge e altro si sono manifestate in queste dieci canzoni. Ascoltando l’album ho pensato spesso a “Swansong” dei Carcass e a come la band inglese decise di terminare la propria discografia con un omaggio riassuntivo delle influenze e gusti propri. Ed, Henry e Pete ci danno dentro con una sequela di riff di metallo fuso, i quali diventano subito assimilabili, ti girano nel cervello immediatamente. Fanno presa, catturano l’attenzione. Lo stesso basso di Pete pulsa a dovere e saltellando all’unisono con la chitarra di Henry. L’immediatezza dei riff è rintracciabile anche nella ripresa di schemi blues/southern, ovviamente tutto esacerbato dalle distorsioni e da un aspetto comunque metal. A conti fatto “Disgust” suona dannatamente heavy e si comporta come un lavoro senza tempo. Potrebbe anche essere un album del 1992 o del 2002, non ha importanza. I ritmi sono incalzanti, i riff coinvolgono e questa è dunque solo una band che bada al sodo.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10