Sabato 2 Giugno. I Dark End, al Blocco Music Hall di Verona. Con loro i Riul Doamnei e gli emergenti Eternal Samhain. Il GPS mi scarica proprio davanti alla location. Mi accoglie Valentz, con un birrone in mano. Si chiacchiera, due parole sul casino in Emilia Romagna. Incontro Animae, il frontman dei Dark End. Si entra. Fervono i preparativi, fra poco sale sul palco l’opening act, gli Eternal Samhain, un gruppo di ragazzini a mala pena maggiorenni, capitanati da Taliesin, giovane ma determinatissimo frontman. La qualità della serata scatta di colpo ad altissimi livelli: gli Eternal Samhain non temono il palco e nemmeno il giudizio del numeroso pubblico. Il “Blocco Music Hall” è infatti invaso da creature della notte, gente votata all’anticristo, croci rovesciate, occhi di serpente, face painting inquietanti. Donne bellissime e oscure. Perversione oscura. Nonostante il gelo delle anime dei presenti, il calore verso le bands è incendiario, e lo show degli Eternal Samhain scorre via potente, aggressivo, blasfemo.

Durante il concerto degli opener, si preparano i Dark End, prossimi a salire on stage.
Valentz, mente perversa del progetto, gestisce tutto in maniera chirurgica: compilazione documenti e moduli per i diritti d’autore, verifica del merchandising, controllo strumentazione.
Sui blast beats degli Eternal Samhain, Valentz dichiara chiusi i dialoghi con una frase: “è tempo di scaldare i piedi”. Si siede sullo sgabello, prende le bacchette, poggia i piedi sulla pedaliera, e inizia esercizi di riscaldamento, andando dietro a i tempi massacranti degli Eternal.
Lo sguardo di Valentz cambia. Dalla persona simpatica e cordiale, si trasforma in un demone, votato ai 320 battiti per minuto. Lo sguardo va in dissolvenza, la carne diventa tutt’uno con il ritmo. Intanto gli Eternal si avvicinano all’ultimo pezzo. Valentz interrompe il riscaldamento, e cerca il resto della band. Animae e compagni sono intanto al banco del bar, stanno sorseggiando il necessario per caricare la furia che si sarebbe scatenata da li a poco.  Valentz si arrabbia. Sbraita che odia queste cazzate. “Dove cazzo sono gli altri?” Provo, inutilmente, a calmarlo. Per fortuna arrivano tutti immediatamente.  Con il senno del poi capisco: Valentz è un demone schizofrenico. O è calmo e rilassato, O suona. Credo la band lo sappia, quindi l’idea è di farlo infuriare. Sempre e comunque. Vi garantisco che osservarlo da bordo stage mentre suona è una esperienza da paura. Non è il ragazzo simpatico con il quale mi sono sparato una birra solo alcuni minuti prima.  Mi dicono che non usano più il face painting. Infatti. Non serve. Sono sufficentemente demoniaci senza. Ultimi preparativi,  salgono sul palco. Specter al basso, Ashes e Nothingness alle chitarre e l’inquietante Antartika alla tastiera. Animae indossa la corona di spine, mutazione, inizia lo show. La band è compatta, e nonostante Nothingness sia ancora fresco nel suo ruolo, e le innumerevoli difficoltà delle prove in sala a causa del sisma. Il feeling è completo. Nessun errore, precisione e intesa totale.
Animae. Mi ero sentito con lui via email qualche tempo fa. Persona simpatica. L’ho incontrato prima del concerto. Persona divertentissima.

Poi succede qualcosa.
Il palco. La musica. Il rituale.
Animae diventa una creatura infernale. Il segno della  croce che propone, eseguito con la lentezza di un’agonia, esalta il pubblico. Animae continua con la scena, che non è una scena. Dopo una canzone si capisce che la persona sul palco non sta recitando. Semplicemente è il demone che vive in lui che prende il sopravvento, che domina, ospite malvagio in un corpo abbandonato a poteri oscuri. Gli occhi si ribaltano, le pupille scompaiono, e l’immagine di questo osceno agglomerato di carne e spirito oscuro si esibisce in un magico rituale. Mescola le essenze, attizza gli incensi. Invoca altri spiriti. Mentre dalle sue labbra fuoriescono preghiere a demoni innominabili, orazioni in latino, una voce sepolcrale condannata all’odio eterno.

E’ dura accoglierlo backstage dopo il concerto, vederlo allegro e rilassato, come se nulla fosse successo, come se non avesse vissuto l’ultima ora, spesa ad invocare il male, profanazione di anime disperse con rituali antichi, osceni, blasfemi.  “Dai, com’è andata, fammi una recensione al volo”. Giuro che mi ci sono voluti dieci secondi per capire chi avevo davanti. Volevo essere sicuro che stavo nuovamente parlando con un essere umano e non con un demone pronto a violentare quel poco che rimane della mia anima marcia.
Il concerto è stato un warm up per i Dark End. I vari eventi hanno seriamente minato la costanza in sala prove. Nothingness mi racconta anche la sua esperienza personale con il sisma, ed il terrore che questa gente ha provato è nulla comparato ai rituali oscuri visti on stage. Davvero, complimenti a questi performer che nonostante tutto sono stati puntuali per questa data veneta.

Sei i pezzi vomitati dal sistema di amplificazione durante la performance dei Dark End, tra i quali la cover dei Satyricon “Mother North” eseguita con un perverso duetto tra Animae e Federico, leader dei Riul Doamnei.
Le candele, gli incensi, le mani di Animae, dalle quale spuntano radici di alberi morti, i rituali, le blasfemie. Uno show impeccabile. Tra meno di sei mesi questi ragazzi saranno in tour con i Cradle Of Filth. L’occasione di una vita. E da quello che ho visto con i miei occhi, non saranno secondi a nessuno. Anzi, Animae si contenderà il premio di front man più blasfemo e coinvolgente proprio con Dani Filth. Immensi.
Il concerto dei Dark End è stato anche minato da un non ben chiaro problema elettrico. Sapendo dell’esistenza di un alimentatore d’emergenza per la tastiera di Antartika, mi spavento quando inizio a sentire l’acido odore di elettronica che frigge. Anche Valentz lo sente, ma la tortura che sta infliggendo alle pelli della sua batteria è ben più importante. Antartika tiene d’occhio la sua tastiera, e per fortuna non succede nulla. La musica dal vivo è anche questo. Dietro succede di tutto. Voi, la davanti, vi gustate lo spettacolo.

La serata si chiude con gli headliners, i Riul Doamnei. La band veneta è sulle scene dal 1999, ed ha un seguito molto ampio. La loro performance è letteralmente osannata dal pubblico, sempre più numeroso. L’aria dentro il locale diventa pesante. La blasfemia dilaga, anche grazie ai costumi scenici della band: tutti vestiti da preti e cardinali, mentre da strumenti e voce escono cose immonde, irripetibili. Penso alla pagliacciata del papa in Lombardia e alla mandria di invasati che lo vanno a vedere… e mentre guardo questi indemoniati… godo. Contrasto totale, offesa aperta, pubblico in completo delirio.
E’ tempo dei saluti. Ringrazio i Dark End. Due battute, una risata. Un altro concerto, ne ho visti tanti, ma questa è stata una serata completamente diversa. Da non dimenticare.

(Luca Zakk)