Ci sono modi e modi. Diversi metodi di approccio verso una qualsiasi attività. Ci sono cose ovvie e cose meno ovvie. Inutile dire che le meno ovvie sono spesso quelle vincenti, quelle che fanno la differenza.

Torno in un locale che ho visitato recentemente, La birreria Old Saloon. Ci torno per due essenziali motivi: il primo è perché mi va. Locale all’insegna del rock, creato per il rock, gestito da un rocker. Roba da sentirsi a casa, manca solo il divano. Il secondo motivo è la scusa, l’occasione: una delle date del tour Italiano dei Superhorrorfuck cade proprio qui! Il piccolo palco che ospita qualsiasi band che abbia veramente voglia di fare del rock sta vivendo momenti intensi: non bastano i concerti di bands locali che più o meno suonano ogni fine settimana, ci sono anche nomi più noti che recentemente si sono esibiti per i clienti di questo pub: Addiction For Destruction dalla Russia, Vietcong Pornsürfer dalla Svezia… e dopo la pausa estiva sono già pronte serate da sballo, una delle quali vedrà anche l’esibizione degli Italiani Dark End, che già hanno calcato le scene di mezza Europa con Cradle Of Filth e God Seed.

Arrivo tardissimo, ma tanto a Diego, il gestore, non importa nulla. Gli headliners qui non suonano mai prima di mezzanotte. Anzi, potrebbero scrivere i cartelloni con la data del giorno dopo, tanto, di fatto, è sempre così. Vogliamo fare rock’n’roll con professionalità? Bene, allora iniziamo dalle basi: il rock è una perdizione che appartiene alla notte. Io alle 20 preferisco cenare che stare sotto un palco. Diego ormai non dorme più, ma la sua regola è chiara: “alle 20 ordinate un panino. Io il rock ve lo do’ più tardi, molto più tardi”. Se vendi rock, lo devi fare con regole chiare. Anche nell’orario. Questa è professionalità, atto primo.

Poca gente a questo evento. Lo sappiamo tutti, è tempo di crisi, magari altri eventi estivi, anche se l’estate è ancora un’ipotesi campata in un’aria piovosa, fredda, da letargo. Diego si lamenta. Ovvio, no? Le band vengono per attirare i clienti, i quali consumano. Basilare legge economica. La band vive suonando (ci prova), chi ha un pub vive vendendo la birra. E per vendere birra serve gente che ne consuma. Diego però mi ha confessato, recentemente, una cosa: non è tanto il pub. Sono le bands. Lui fa questo lavoro, ha investito il suo denaro per portarsi il rock in casa. Comprensivo dei benefici, comprensivo dei guai. In un esempio di coerenza senza paragoni, la sua lamentela non è rivolta all’ovvia mancanza di introiti: il suo disappunto è per la band: “mi rompe il cazzo per la band, non è bello suonare davanti a poca gente!”. Amico, non sei tu che non vendi la birra che ti fa pagare le bollette? E ti preoccupi di una band che magari suona per hobby? Sei un grande. Ed hai il mio cazzo di rispetto. Questa è ancora professionalità, atto secondo. Spero diventi contagiosa.

Intanto il palco trema. Ci sono sopra i Never Night. Il loro thrash spacca. Sono la band locale, la loro esibizione è supportata dai numerosi sostenitori. Sono una band sconosciuta come tante. Band lontane dal main stream, lontane da un pubblico che si misura in migliaia di unità. Però sono sinceri. Decisi. Fanno il loro lavoro in maniera eccellente, con allegria ed assoluta professionalità (atto terzo) introducono gli idoli della serata, i Superhorrorfuck.

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Superhorrorfuck

I Superhorrorfuck sono una band svalvolata. Saltano fuori quasi dal nulla. I dettagli sono curati. C’è una storia, unica biografia ufficiale: erano una band, sono morti tutti e sono rinati, o risorti, in una vita post mortem che li condanna a suonare. Non sono note altre informazioni, ed il make up aiuta a creare i personaggi che compongono la band. Pubblico numeroso? Pubblico limitato? Non importa. Una band deve fare il suo show. Se fossi l’unico partecipante, vorrei vedere uno show di qualità. Questo i Superhorrorfuck lo sanno. Hanno questo make up che per essere creato richiede più tempo dello spettacolo stesso. L’abbigliamento è ricercato. E loro salgono sul palco esattamente come se fossero di fronte ad un’arena colma di corpi sudati, di gente ammassata, di menti in stato di follia. Professionalità atto quarto.

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Superhorrorfuck

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Sottosopra

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A terra

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Sostienimi!

Dr.Freak sbuca sul palco non appena la sua band inizia. Arriva dal nulla, salta come un pazzo, urla come un demente, vola, mima, grida. Il palco non gli basta. Sale su tavoli, sedie, bancone. Si tuffa a terra. Presenta le canzoni con le sue geniali oscenità, rock star epilettica uscita dal bordello dell’inferno. Lo spettacolo è semplicemente perfetto. Il pubblico dell’Old Saloon è un vecchio diesel malandato, serve tempo per sballare… ma questo alla band non importa. Il riscaldamento è assicurato. Sul palco si toccano, si leccano, fanno gesti osceni, inneggiano alla necrofilia. Dei giullari vestiti da un sarto sotto effetto di LSD che intrattengono un re pervertito, padrone assoluto di un regno di prostituzione e sodomia. Questa è professionalità (atto quinto), perché quando vai a vedere una band di sballati, li vuoi vedere sballare. Vedere un’ottima band che sul palco sembra esibirsi alla festa del patrono del cazzo, deprime. Sentire cose come “scusate un attimo che devo accordare la chitarra” fa vomitare la birra che Diego vende. Questo è uno spettacolo. E’ uno show. Il pubblico deve essere alimentato, un vegetale collegato ad una flebo di metanfetamina tagliata con cocaina, grappa e peperoncino rosso. I Superhorrofuck non commettono errori. Lo show è letale, gente professionale (atto sesto) che offre spettacolo allo stato puro. Non so se hanno commesso degli errori tecnici, forse si, ma la professionalità dello show sta proprio li: io non me ne devo accorgere, non se ne deve accorgere nessuno.

Musicalmente li trovo comunque perfetti. Sono esattamente come in studio. Ciò che esce dagli amplificatori è la musica che mi aspetto di sentire. La voce di Dr.Freak è quella che si sente nel CD. E lui lo ammette: non siamo grandiosi, ma diamo quello che abbiamo. E questo, aggiungo io, è professionale (atto settimo).

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Orgia

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Non sono il chitarrista

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Spintarella

Lo show degrada in una gangbang di gente che finisce sul palco. Gente che suona al posto dei musicisti. Cantante che suona la Gibson, chitarrista che canta cazzate. Pubblico alcolizzato che suona la chitarra durante una canzone. Gente che non resiste, e che corre a sollevare la discutibile minigonna indossata dal chitarrista, una puttana da latrina che arrotonda lavorando di plettro. Un’orgia di gente che fa un gran casino, quasi come negli anni ’70, dove bands e pubblico si fondevano in un’unica entità, un movimento che al ritmo degli stupefacenti rendeva ogni concerto un’autentica festa.

Diego guarda la degenerazione, controllata da Dr. Freak, il quale con molta professionalità (atto otto) non perde mai il controllo, e in ovvia controtendenza gode nel vedere che la gente usa il suo spazio, la sua creazione per far fluire del sincero divertimento, essenza dell’intrattenimento. Ed anche questo è professionale (atto nono).

Quando l’orgia si disperde, colgo l’occasione per fare due chiacchiere con Dr.Freak. O con una delle tre personalità che dichiara abitino dentro il suo tatuatissimo corpo. E’ sincero: sta parlando con la stampa e dichiara che, nonostante gli sia piaciuta la mia recensione, si chiede quale diritto abbiano certe persone quando scrivono, giudicano, puntano il dito. Non posso rivelarvi il seguito di questo argomento, aprirei dibattiti senza fine, metterei in luce segreti del mio mestiere, di quello di Dr.Freak. Vi garantisco comunque che ne è nata una stima reciproca, un rispetto reciproco.

Abbiamo visioni comuni io e lui. Abbiamo delle guide linea essenziali che ci accomunano. Il rock deve essere professionale. Se fai rock ci devi credere. Se fai parte di una band devi avere visione comune. Ed è proprio dove nascono le stranezze. Le band che si disgregano perché qualcuno non ci crede più, perché qualcuno non vuole rischiare oltre. Ed è proprio dove nascono e muoiono molte realtà. Professionalità nel rock non è semplicemente saper suonare. Bisogna saper suonare, saper comporre, saper proporre la tua arte al pubblico. La cover band della rock star non è rock. E’ gente che suona e basta. Se vai sul palco e non riporti l’immagine che vuoi dare alla tua musica, la prima vittima è proprio la tua musica. L’equilibrio è complesso: serve capacità, creatività ed immagine. E’ un mercato. Tutto deve essere curato nei minimi particolari, compresa la scelta di una label come Atomic Stuff (anch’essa estremamente professionale). Un prodotto scadente può vendere meglio di quello buon solo perché vanta una confezione migliore. Io e Dr.Freak ne abbiamo discusso. Siamo d’accordo su queste cose. E quando ascolto la sua band, quando li guardo dal vivo capisco che mette in pratica le cose che dice. Regalando a noi pubblico e regalando a se stesso, qualcosa che si chiama semplicemente rock’n’roll. Un regalo che deve essere fatto con passione, con cuore, e con estrema professionalità (atto dieci).

(Luca Zakk)