fotoxrmc1Quando ho saputo che il Rock Meets Classic 2014 passava per Strasburgo e di martedi, quindi in serata per me non lavorativa, ho da subito acquistato il biglietto. Sono in Alsazia da mesi e ancora non ho visto nessun concerto e quelli che avrei voluto vedere li ho persi a causa del lavoro, in una occasione poi c’era qualcosa ad un chilometro da casa mia, ma la mia squadra del cuore quella sera andava a casa degli avversari diretti e non potevo perdermi la partita. Sapete, sono un sentimentale!

Si chiama Rock Meets Classic perché è un tour itinerante che negli ultimi anni ha proposto diversi artisti insieme ad un’orchestra. Quello del 2014 vede la Bohemian Symphony Orchestra di Praga e la Mat Sinner Band che propone la sezione ritmica dei Primal Fear, ovvero Mat Sinner al basso e presentatore delle varie celebrità e Randy Black alla batteria.

fotoxrmc9E’ il gran giorno e mi avvio allo Zenith di Strasburgo tenendo a mente solo i nomi in cartellone: Mat Sinner, bassista dei Primal Fear e seconda voce, Midge Ure, Kim Wilde, Joey Lyn Turner, Bernie Shaw e Mick Box, due Uriah Heep, e Sua Santità Alice Cooper.
Chiariamo da subito un punto, al Rock Meets Classic ci sono andato per Alice Cooper e per vedere quel simpaticone e fenomeno di Mick Box (tra i fondatori degli Uriah Heep) e non da meno per vedere e sentire Joe Lyn (ex Rainbow e non solo) e vivere comunque un concerto. Dopo anni di fatiche e chilometri da macinare dal mio meridione per andare a Roma per vedere dei concerti, avere una struttura a due chilometri da casa è un’occasione irrinunciabile.

Lo Zenith è una sorta di auditorium, un luogo pensato per la musica e la qualità sonora del concerto me lo confermerà. Avete presente il tipico fischio post-concerto (in locali non proprio adatti o nei palazzetti dello sport ) che ti resta nelle orecchie fino a quando rientri a dormire? dopo qualche concerto in locali non proprio adatti o nei palazzetti dello sport? Ecco, quel fastidio non l’ho per niente avuto a fine serata.
L’organizzazione poi è stata eccellente e dunque come sempre sono riuscito a far passare ai controlli la mia Nikon D80, il 50mm e il piccolo zoom (oggetto assolutamente proibito al gate), tablet e tutto il resto. All’interno ho la conferma che la serata non farà il tutto esaurito. Molti dicevano che non avevano possibilità, gli organizzatori, di vendere biglietti, e dunque il secondo anello, settore a cui apparteneva il mio biglietto, è chiuso. Poco male, vengo adeguatamente accomodato al primo anello, tre file prima del parterre. Alla mia destra la mia seconda madre e a sinistra una ragazza sui 20 anni, una specie di punk, e una sua amica coetanea, molto più sobria. Dietro e avanti e per tutta la sala diverse famiglie e molti over cinquanta e sessantenni. Fantastico!

fotoxmidgeureIl concerto viene aperto alle 20, da “The Show Musat Go On” dei Queen, realizzata con la band che conta anche un tastierista e cinque coristi (due uomini e tre donne) e l’orchestra. Alla fine del brano Sinner presenta  quel signore elegante, in nero e con un magnifica Les Paul altrettanto nera con battipenna bianco e con la sua simpatia scozzese, ovvero Midge Ure, ex Ultravox. La sua esibizione è semplice ma piena di eleganza e corredata da pochi pezzi (comer tutte le esibizioni degli altri), tra i quali, ovviamente, “Breathe”, “Vienna” e “Dancing With Tears in My Eyes”.

fotoxrmc8Il tempo dei saluti  e subito segue Joe Lynn Turner. Rockettaro puro, fissato per la sua chioma, sicuramente tinta, movenze ardite. I suoi occhi color ghiaccio sono magnifici, vivi. Dal punto di vista della voce non mi è sembrato in calo, ha fatto una buona prova. “I Surrender”, quasi perfetta. “Stone Cold”, sulla quale specifica che è un pezzo di Ritchie Blackmore e invita con eleganza a battere le mani a questa leggenda della sei corde. Un gesto che aveva qualcosa di fraterno e di rispettoso. Si è anche complimentato, con la stessa sincerità, per l’Alsazia, per la sua bellezza e per la gente. Joey è stato bravo. Lo stesso dei tanti video che ho visto di lui nei Rainbow. Immutato.

fotoxkimwildeSono le 20,50 e i praghesi intonano il motivo della Quinta di Beethoven. A ‘bussare’ alla fine della celebre partitura non è il Destino ma Kim Wilde. Lo confesso, credevo che Kim fosse l’anello debole della serata, tutto sommato al di là dei milioni di dischi venduti è pur sempre una vecchia gloria del pop e con il rock ha ben poco a cui spartire. Errore, innanzitutto non si dovrebbe dire o scrivere di una signora che è una vecchia gloria: in primis perché Kim è ancora avvenente e poi la sua adrenalina da palco è ben viva, oltre al fatto che la stessa orchestra ha gradito e si è fatta coinvolgere non poco dalla Wilde, tanto che lei stessa invita gli occupanti dello Zenith a omaggiare l’orchestra.
In sostanza tutti soddisfatti. Anche la punk alla mia sinistra si è fatta prendere dalle canzoni che, comunque a me poco andavano a genio, però l’allegria è stata dirompente.

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fotoxrmc10L’orchestra…meravigliosa. I componenti hanno fatto la ola con gli strumenti, soprattutto i fiati, in più occasioni. Si sono alzati a battere le mani ed incitare il pubblico. Le contrabbassiste nei finali tipicamente rock, hard rock e metal che fossero, stuzzicavano con gli archi lo strumento delle colleghe a fianco. E poi lei, la flautista…signore, signori, un radiatore di energia, sensualità e simpatia. Capigliatura folta, occhi contornati da una matita pesante. Gambe in bella mostra con tanto di reggicalze e una continua e irrefrenabile agitazione e seguire la musica che ha incantato. Il collega al suo fianco ed anche lui flautista a confronto era una statua di sale. Insomma, una dark lady piantata in mezzo ad un’orchestra.

Venti minuti di pausa. Vado in giro a procurami del cibo e perlustrare lo stand del merchandising. Nel frattempo vedo di tutto. Tedeschi, francesi, inglesi, qualcuno che parla italiano.
Alle 21,15 si riprende con “Another Brick in the Wall pt.2” dei Pink Floyd. E’ solo la band e l’orchestra ad eseguirla, con i praghesi più infervorati del pubblico stesso nello scandire il celebre ritornello.

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fotormc5Eccoli, Box e Shaw. Box ha 67 anni, è come sempre sorridente e credo faccia poco con le chitarre, elettrica e acustica, e lascia molto fare agli altri due ottimi chitarristi (molto diversi tra loro come stile), ma è bello vedere questo signore che ancora si diverte a suonare e fare un po’ di scena. Anche se fossero quattro accordi o dei mezzi assoli, lui è lì a riscaldarsi di allegria. Partono con ‘la tigre’, io la chiamo così, ma è nota come “Easy Livin” e visto che c’è un’orchestra ne approfittano per tirare fuori una buona versione di “July Morning”, ma l’apoteosi giunge con la canzone degli Heep alla quale sono legato,  “Lady in Black”. “Fanno Lady in Black, fanno Lady in Black” urlo peggio di un bambino e giuro che per almeno 30 m² si sente solo la mia voce. Forse qualcuno mi ha avrà guardato con sufficienza, ma son sicuro che chiunque non dimenticherà mai l’aver intonato il coro insieme all’eccellente (ha ancora una voce impressionante, nonostante non sia il compianto David Byron) Shaw.

fotormc6Alice Cooper. Cosa dirvi di lui? Vi spiego la riflessione fatta dopo 10’ di esibizione. Sarà anche nato brutto come dice un collega (che lo ha visto dal vivo ben prima di me), sarà anche un personaggio incastrato in una immagine horrorifica, potenziata da film e e spettacoli di ogni tipo, ma al contrario delle tante foto viste in giro negli anni, debbo convenire che Mr Vincent Damon Furnier (all’anagrafe) ha personalità. Si vede che è musicista, ma è anche un interprete. Un po’ teatrale, ma più sobrio di quello che si possa credere. L’ho capito soprattutto in “Only Women Bleed”, mentre recitava e cantava con la ballerina che lo ha accompagnato nella performance. Il suo stare sul palco, come ci è arrivato, come si è spostato su di esso, il modo di salutare e ringraziare il pubblico, insomma ogni cosa era un gesto fatto da una persona che è diversa da quell’aspetto truce che si porta dietro. Già averlo sentito e visto cantare “Posion” mi è bastato. Alice Cooper si è portato con se Orianthi Panagaris, giovane chitarrista dalla presenza accattivante che ha fatto strada esibendosi con Santana, Michael Jackson e altri.

“School’s Out” ha chiuso lo spettacolo. Tutti gli artisti della serata infatti si sono ritrovati sul palco a cantare e suonare questo brano di Alice Cooper, mentre coriandoli e palloni gonfiabili venivano lanciati sulla folla. A quel punto è nata una vera partita a tennis tra gli artisti e il pubblico con le enormi sfere nere rimbalzanti.

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fotormc10Passo dallo stand del merchandising non senza portare all’esasperazione la tipa che dopo due clienti con un inglese e un francese che lei non riusciva a comprendere (“scusatemi, rivolgetevi al mio collega per l’inglese io parlo tedesco”), mi presento con un sorriso ed un “salve, parla italiano?”. Lei si mette le mani nei capelli e fa finta di collassare sul tavolo. Risate generali, ma subito chiarisco “Madame s’il vous plaît je voudrais le t-shirt des Uriah Heep… Please, can you give me the Uriah Heep’s t-shirt?”.

(Alberto Vitale)