Nei prossimi giorni leggerete un’intervista a Bjørnar Erevik Nilsen, frontman dei Vulture Industries. Tra le varie cose discusse c’è un punto particolare il quale evidenza la trasversalità artistica di questa band Norvegese. Membri che provengono dalla scena estrema, mastermind che lavora per una etichetta tendenzialmente black metal… ma il tutto canalizzato verso questa compatibilità immensa, tanto che io stesso li ho visti, negli anni, condividere il palco con svariate bands di svariati generi, compresi gli estremissimi Taake o i superlativi Devin Townsend Project.

Questa sera all’Alchemica di Bologna non è stata assolutamente diversa: le tre bands di supporto erano paradossalmente incompatibili tanto che, probabilmente, con difficoltà potrebbero condividere il bill una serata… tranne quando spinti dall’energia deviata di una creatura come i Vulture Industries!

Con estrema probabilità il tour appena concluso di questi pazzi provenienti da Bergen è stato il primo come headliner, almeno per quanto riguarda la tappa italiana, ed è un piacere poter vedere dal vivo una simile manifestazione di superiorità artistica, creativa e tecnica, condita con una dose infinita di follia, come anticipato con l’ultimo favoloso disco “Stranger Times”.

Nonostante io sia notoriamente restio nel raccontare come si è svolta una serata musicale (rimango del mio parere: se non c’eravate, cazzi vostri… se c’eravate non vi racconterei nulla di nuovo), in questo caso ha senso elencare l’assurdo, ma geniale, abbinamento artistico messo in scena sul palco dell’Alchemica il 24 novembre.

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In apertura gli italiani Heller Schein. Tecnica senza fine, metallo progressivo, teatralità grottesca… perfetti per i Vulture… ma anche una bomba scenografica e sonora che difficilmente scaccia quel pensiero che divaga dalle parti del maestro King Diamond, dei Mercyful Fate. Se i Vulture Industries NON fanno metal, ci hanno pensato gli Heller Schein ad appesantire la serata con un concerto memorabile!

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Gli Althea non c’entravano una mazza con la serata. Ed è stata proprio questa la figata! Il loro rock sperimentale, progressivo e dalle tinte pop risultava in controtendenza, specialmente subito dopo gli Heller Schein. Ma, osservando meglio, la loro proposta era totalmente compatibile ed allineata alla serata, specie se osserviamo da lontano il valore artistico dell’evento intero! E loro quattro, su quel palco, hanno dimostrato una purezza stilistica immensa!

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Su scelta personale di Bjørnar, sono i Soul Secret l’antipasto degli headliners. Metal progressivo di pregiata fattura, con un vocalist dalla voce personalissima ed un ensemble capace di scolpire il suono, disegnare melodie, esaltare il pubblico con l’etero linguaggio della musica. Ultimo tassello di puzzle che mette insieme metal, prog, pop, sonorità heavy, sonorità strane, sonorità dolci… più un’altra dozzina di spunti diversi… un po’ come fanno i Vulture Industries in ogni singola loro canzone!

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Ed infatti i Volture Industries risultano essere una conferma. La conferma. Non solo offrono uno spettacolo di prim’ordine, non solo si rivelano estremamente comunicativi con il pubblico… ma riescono a fondere persone e suoni in un’unica dimensione nella quale le canzoni diventano parte dell’aria, dell’atmosfera… e ad un certo punto decade la divisione tra palco e area del pubblico, tra musicisti e avventori, tra spettacolo e vita reale.

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E stato un immenso onore vedere i Vulture Industries a casa nostra, dopo averli recentemente visti a casa loro. Una band vera, sincera, pura e stilisticamente libera da qualsivoglia vincolo: sostanzialmente la definizione di ‘arte’.

È un piacere constatare che esiste musica di altissimo livello pensata, creata e proposta da gente normale, da gente vera, gente che si diverte sudando sul palco. Gente guidata dalla passione. Artisti fantastici ma anche autentici, umili e lontanissimi dallo show business che contamina e distrugge l’arte odierna.

(Luca Zakk)