(Svart Records) I The Sabbathian debuttarono nel 2014 con un EP intitolato “Ritual Rites” (recensione qui). Si tratta del progetto di Chad Davis degli Hour of 13 e Anette Uvaas Gulbrandsen (Nàttsòl, Mäctätus, Leave’s Eyes) il quale, dopo cinque anni, finalmente arriva al debutto su lunga durata. Ed è proprio qui che tutto cambia. Cambia completamente. Se l’EP di esordio era un doom metal old school coronato dalla voce ‘corale’ di Anette, questo full length cambia le carte in gioco e genera tre quarti d’ora inquietanti e travolgenti. Anette domina con la sua voce allo stesso tempo angelica e dissacrante, ma la componente musicale è sostanzialmente un mid tempo oscuro, decadente, palesemente nordico, morboso, interrotto solo da un brano, “Embrace The Dark”, più fedele al doom dell’EP. Personalmente proprio questo brano l’avrei cancellato alla tracklist, in quanto il resto è maledettamente esaltante, deliziosamente perverso e malato: mid tempo cadenzati da un drumming più appartenente al mid del black metal che al doom, con possenti accordi ripetuti ad oltranza, relegando quasi tutta la componente melodica alla fantasmagorica voce femminile, il cui valore è decisamente inestimabile, specie per l’affiancamento (in un solo brano) della nota Liv Kristine Espenæs. Opaca e priva di speranze “The Brightest Light”. Pesante ed con una eccitazione priva di luce nella fantastica “Liti Kjersti”, brano che riesce a materializzare della melodia non strettamente legata alla voce. “Head Of A Traitor” (feat. LivKristine) continua con il monotono mid tempo, anche se un attento ascoltatore può notare delle varianti, delle distorsioni dei toni di grigio tra l’omogeneità delle tetre ombre, mentre Anette crea una dimensione vocale paragonabile solamente ad un’estasi dispersa tra la dimensione onirica e quella erotica. Meno acuta e orientata all’opera la voce con “One Night Of Cruelty”, un brano più feroce, più tagliente, anche se magicamente in linea con il tema principale del disco, prima della contrastante e già citata “Embrace the Dark”, un brano oscuro e pesante secondo i canoni tipicamente doom, comprensivi di riff tuonanti e malignamente pesanti. A fine opera, l’ottima “Evig Hvile / Libera me… (outro)”, un brano che di ‘outro’ ha ben poco, considerata la durata di sette minuti, durante i quali torna questa nuova e malata incarnazione artistica della band. Album musicalmente piatto, ma assurdamente coinvolgente: album perfetto per la notte invernale, in solidudine, e senza alcuna sorgente luminosa. Accendi una sigaretta, stappi qualcosa di forte e d’annata… e ti abbandoni a questo costante contrasto di suoni; l’oscurità impenetrabile dei riff, delle ritmiche… e la delicata dimensione maleficamente angelica della voce.

(Luca Zakk) Voto: 8/10