copelderblood(Paragon Records) C’è una cosa per la quale io, e forse anche il resto della Redazione, debbo ringraziare Metalhead, ovvero il fatto di dovermi cimentare delle volte con band che praticano generi che abitualmente non ascolto e delle quali non comprerei nulla. Doverlo fare significa documentarsi e comprendere in che direzione sta andando la musica. Non amo il symphonic black metal. Per me black metal è croci rovesciate, urla a squarciagola, Satana e Santi che si mandano a quel paese, riff con quattro accordi tenuti per 5” ognuno e via dicendo.  Però allo stesso tempo sono consapevole che in ogni genere c’è sempre qualcosa di buono e di ammirevole, altrimenti in casa non avrei album che vanno dal pop e passando per il jazz (che detesto) fino al grindcore più sfiancante (il genere più estremo, forse). Gli Elderblood non sono per nulla qualcosa che mi avrebbe attirato, ma gli strani giochi di assegnazione di un titolo che si inscenano in redazione, a volte come una partita di scacchi, in altri con l’ausilio del più semplice e noto degli algoritmi matematici, cioè “a cazzo”, me li ritrovo e anche per aver scoperto solo dopo che sono ucraini: cioè sono musicisti di un paese che in fatto di black metal mi ha fornito tante gioie e dunque ecco che il trio dell’Est si rivela composto da personaggi a me noti. Voce, Astargh: ovvero un ex Nokturnal Mortum. Batteria, Odalv: ha suonato anche lui con i Nokturnals, ha suonato con Munruthel ed era (forse è ancora) nei Ulvegr, un zozzosissimo duo di pagan black metal prima maniera. Basso, Hagalth: chi è costui? Aah ecco, è uno dei Symuran (QUI https://www.metalhead.it/?p=14365), autori di un album niente male. Fatta la genealogia della formazione e chiarito che il loro terreno sia appunto il symphonic black metal, debbo arrivare al punto scrivendovi che il sound esposto è ben prodotto, pulito ma degnamente turbinante, maestoso, andante e ricco di sequenze che si innestano tra di loro come un’architettura suprema. Le parti sinfoniche sono davvero eccellenti. Quelle metal non sono scarse, ma sono a volte l’ossatura dei pezzi, mentre in altre sono ossa, carne e anima di scorci in cui è puro black metal spedito e verace che prende la scena. Nei primi pezzi ho avuto in alcuni frangenti la sensazione di ritrovarmi di fronte una band leggermente derivata dai Dimmu Borgir, per non parlare di alcune orchestrazioni e relativi riff vagamente Cradle Of Filth, qualcosa anche degli Arcturus dei bei tempi, eppure nel complesso il songwriting della band ha cenni personali, anche grazie a momenti sfumati in melodie folkloriche e un latente concetto prog di fondo che spesso si estende nei pezzi e offre sequenze ben elaborate. Un album eccellente “Son of the Morning”, che tiene alta l’attenzione e l’empatia dell’ascoltatore a causa di una continua espressione di metal, sinfonie, melodie, assoli di chitarra e quell’architettura della quale si faceva cenno prima, come una narrazione che offre continui sviluppi.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10