(code666/Aural Music) Hail Spirit Noir nascono grazie a Haris (synth) e Theoharis (chitarra e voce), due ex Transcending Bizarre?, un ensemble avant-garde. Hanno poi reclutato un bassista, un batterista e una voce aggiuntiva, dopo aver registrato le tracce le hanno fatte mixare da Dim Douvras (Rotting Christ) e masterizzare in Svezia da Jens Bogren (Opeth, Katatonia, Amon Amarth). Alla fine ci hanno piazzato sopra un’opera di Jesse Peper, artista americano, e con l’italiana code666 hanno pubblicato l’album. Bravi! Ok, cosa suonano? Uhm…a volte si dice che i recensori esagerino con le etichette, per definire la musica della quale scrivono; sarebbe interessante mostrare cosa scrivono le case discografiche o le agenzie quando promuovono i loro pupilli. A sentire l’etichetta costoro sono un amalgama di elementi psichedelici, atmosfera horror e  black metal moderno. Dunque, il blak metal è presente per alcune voci in growling, quando le chitarre sono distorte non credo che sia sufficiente questo per definire (anche) black metal l’album. C’è qualcosa che in alcuni momenti gli somiglia, mentre sono gemelli a quegli elementi psichedelici, le tastiere (in particolare l’organo) di Haris, alcune basi fondanti dei pezzi, la voce pulita che domina in gran parte “Pneuma”. “Mountain of Horror” è un lento black ‘n roll, ipnotico e che sfocia in qualcosa decisamente rock, quando entra l’organo. “Let Your Devil Come Inside” gioca con lo psychedelic rock, con le ambientazioni elegiache, le quali poi diventano epiche alla King Crimson (attenzione, come melodie e non come partiture), alla The Zodiac e quelle cose colorate 1967/68. Poi arriva un crescendo con orchestrazione sintetizzata che lascia spazio ad una divagazione jazz. “Against the Curse, We Dream” offre 1’ di space rock, forse anche più di un minuto, ma quello che stupisce è che sotto la coltre di distorsioni si intravede una radice rock and roll, un germe di un rockabilly arcaico. Anche questa volta siamo in presenza di un pezzo che viene fratturato, grazie all’entrata di una tastiera e i synth cosmici che spostano l’asse stilistico del brano. “When All Is Black”…però adesso basta, non si può descrivere a parole questo album! Seguono ancora tre pezzi, tra i quali il conclusivo “Haire Pneuma Skoteino” potrebbe essere un ottimo supporto sonoro ad un film horror con Klaus Kinski. Non convenzionali, sperimentatori ma senza eccessi perché invaghiti di un proprio percorso personale. Spiazzano chiunque e ancora adesso, dopo ripetuti ascolti, sto a domandarmi come siano i pezzi, la struttura-canzone degli Hail Spirit Noir. Che domanda sciocca: arriva un album totalmente desueto e che propone qualcosa fuori dagli schemi, stare a valutarlo come un album qualsiasi sarebbe delittuoso.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10