(Avantgarde Music) A volte mi chiedo cosa diavolo facciano alcune band durante quei lunghissimi periodi di inattività discografica o completo silenzio. È il caso degli svedesi Ancient Wisdom, i quali dalla metà anni novanta fino al 2004 hanno pubblicato ben quattro album, per poi sparire nel nulla, verso l’oblio. Ma dando uno sguardo ai retroscena, si capisce perfettamente quale sia stato il motivo di questa lunga pauda: la band è in verità una one-man-band capitanata da Vargher, ovvero Marcus E. Norman, anche impegnato con Bewitched, Eudaimony (la band di Matthias Jell, ex Dark Fortres,s che nel 2013 ha pubblicato il favoloso “Futile”, recensione qui) e, in particolar modo, con i Naglfar, i quali hanno pubblicato l’anno scorso il possente “Cerecloth” (recensione qui). “A Celebration In Honor Of Death” celebra anche il legame con l’etichetta, la quale annovera questa band nel roster fin dai primissimi tempi, tanto che ciascun disco degli Ancient Wisdom è stato pubblicato proprio dall’etichetta italiana. Sette lunghi brani, impegnativi, sempre devoti alla morte, ricchi di potenza, mid tempo incalzanti, atmosfera spesso esaltata dalle tastiere, il tutto con una direzione decadente deliziosamente esaltante. Apre con drammaticità infernale “Haec Est Mors Secunda”, puntando su un mid tempo dal sentore rituale, ricco di cori, conducendo verso la pulsante “Breaking The Circle Of Life”, brano apparentemente lineare ma ricco di dettagli, sonorità etniche, tastiere intense che esaltano il black sinfonico sullo stile di vecchi Dimmu Borgir e, in particolare, Old Man’s Child. Emerge odio e malvagità dalle linee vocali sofferte di “Architect Of Death – Laudamus Te”, mentre “The Coronation” è più pungente anche se circondata da tastiere maestose, le quali danno vita anche ad una bellissima parentesi di archi. Marziale e doomy “Those Who Do Not Exist”, vibrazioni death metal nell’ottima ”And God Saw”. ”Towards Your Destruction”, in chiusura, è forse il brano più teatrale: ricco di sinfonia, linee vocali tra il cantato ed il recitato, un paesaggio condannato, una lungo e ritualistico cammino verso tombe dimenticate ma ricche di fascino e magia. Tra black atmosferico e sinfonico, tra modernità e legame con il passato, mai estremo, sempre orientato a sonorità penetranti,“A Celebration In Honor Of Death” non porta particolari ventate di novità, cosa prevedibile vista la carriera di Vargher, ma senza alcun dubbio offre quasi un’ora di black metal ricchissimo di energia, di sublime melodia, di cambi scenografici esaltanti, di una teatralità sulfurea alla quale è impossibile resistere. Un album che si fa apprezzare fin dal primo ascolto, regalando poi ulteriori dettagli che emergono con senso trionfale nelle riproduzioni successive.

(Luca Zakk) Voto: 8/10