(InsideOut Music) Gli australiani si sono ulteriormente spinti in avanti in questo album. Loro che sono ottimi interpreti del progressive che lo vivono, o forse inducono a viverlo all’ascoltatore in maniera emotiva. Sono plastici i loro pezzi nei quali Jim Grey contribuisce con il suo cantato variabile e dinamico. I Caligula’s Horse intessono le melodie rendendole aggraziate. Non appaiono debordanti e vengono eseguite sempre con una certa dolcezza. La sola cosa per cui gli australiani per adesso ancora non brillano e chissà quando avverrà, è l’immediatezza. Per quanto al primo ascolto si avverta il loro approccio misurato e scorrevole, i Caligula’s Horse nonostante questo confortevole stile personale, in “Rise Radiant” non offrono al fruitore un primo ascolto memorabile. “Resonate” buca da subito e soprattutto per un approccio diverso, cioè un’atmosfera da ‘luci basse’ rispetto ai pezzi che la precedono. Mentre tra quelli che la seguono, forse già la successiva “Oceanrise” si rivela scoppiettante per come manifesta quel riff balbettante e i relativi tempi ritmici di accompagnamento. “Autumn” però è forse un punto nodale dell’album. Nella sua prima parte ha qualcosa della PFM ma è la canonica canzone, cioè nella sua struttura rispetta quel formato, pur non avendo di fatto un ritornello. Un paio di pezzi si approcciano di poco agli otto minuti, ma “The Ascent” si avvicina quasi a undici. Ad ogni modo “Rise Radiant” va giù come la sorsata di un nettare. La grazia e la sottrazione di quello ‘strafare’ a volte rintracciabile nell’ambito del prog, nei Caligula’s Horse è d’ordinanza.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10