(Napalm Records) La Napalm Records presenta i finlandesi Chaosweaver, giunti al secondo album quattro anni dopo quello di esordio, come una band di cinematic extreme metal, ovvero suonano del (quasi) black metal, non tanto cattivo nell’approccio, intriso di synth, tastiere varie che creano uno strato sinfonico il quale molto spesso ricopre come una neve ogni cosa. Dunque la parte metal diventa quasi un’ossatura, sulla quale si impiantano sinfonie, melodie oniriche ed astratte, a volte irreali o totalmente fiabesche. Qualche spunto di frammentaria elettronica che si insinua tra le pieghe, tanto per rendere ancora più inquietante il sound e un cantato che ricorda Shagrath dei Dimmu Borgir. Ecco, questo è l’universo Chaosweaver. Sembra che l’aspetto sinfonico sia invasivo, ma questa potrebbe anche essere una considerazione soggettiva. Le chitarre di Albert Von Fleischer sembrano ristagnare quasi sullo stesso riff per troppe volte. Un riffing che tra l’altro somiglia di più al thrash metal che al black metal, senza contare qualche concessione all’immancabile death metal di natura melodica. Se le tastiere poi opprimono e la chitarra non sembra darsi da fare, il risultato appare sconfortante. Un senso di piatta esecuzione si diffonde almeno nelle prime tre tracce (intro compresa). “The Great Cosmic Serpent” è la canzone più breve, è la quarta in scaletta e rivela un’epica interessante, una melodia che trasporta, ma anche una fase centrale (e forse non solo quella) totalmente alla Cradle Of Filth. “A Requiem for a Lost Universe” è davvero un requiem: la canzone è lenta e pomposa. “Crystal Blue” riprende il mood di inizio album, ma è più vivace e opportunamente corretta dall’elettronica. Tanto da sembrare un miscuglio riveduto e modernizzato di Dumu Borgir e Cradle Of Filth. Si, ancora loro e chi se non loro? Chiudono “Repulsion” e “Ragnarök Sunset”, quest’ultima vede quasi 9’ di lacerante symphonic black ambient con annessa voce femminile. Un risultato tutto sommato piacevole. Percepisco che le mie parole hanno un tono di critica negativa all’album. Parole scritte mentre ascoltavo per l’ennesima volta “Enter the realm of the Doppelgänger” e conseguentemente riconducevo alcune trovate a situazioni già note. A conti fatti i Chaosweaver esprimono un metal estremo dei giorni nostri e quindi figlio di determinate band, album e idee che stanno girando da tempo. L’intenzione palese dei finnici è quella di giocare su atmosfere e sensazioni. In alcune cose dovrebbero rivedere la resa compositiva, particolarmente la componente metal, ma la fase sinfonica rivela tante idee. La copertina è di Johan Edlund, mastermind dei Tiamat.

(Alberto Vitale) Voto: 6/10