(Memento Mori / Crypt Of The Wizard) Uno dei grandi vantaggi di avere una buona preparazione tecnica è quella di potersi permettere di suonare musica primitiva, rozza, cavernicola, infarcendola però di preziosismi tanto inaspettati quanto spiazzanti. È questo il caso dei Dipygus, band statunitense dedita ad un death metal decisamente vecchia scuola, sulla scia di Autopsy, Impetigo e soprattutto Nuclear Death. Un sound basato su vocals brutali, basso distorto e ben udibile, chitarre schiaccia sassi e capaci di assoli lancinanti di slayeriana memoria ed un drumming bestiale quanto basta. Quello che differenzia i Dipygus dalle migliaia di proposte old school è l’estrema fantasia con cui propongono soluzioni ritmiche per nulla scontate, con melodie che si insinuano sottopelle ed affiorano sinuose e minacciose allo stesso tempo, come nel caso di “Sacral Brain”, che nei suoi undici minuti di durata alterna sfuriate death a partiture doomy più ragionate ed intricate, il tutto unito allo spirito avanguardista alla Celtic Frost di “Into The Pandemonium”, mentre “Vipers At The Pony Keg” prende a legnate l’ascoltatore con un riffing totalmente old school in grado di stamparsi in mente sin dal primo ascolto. Un album geniale che riesce ad ossequiare il death più rozzo e cavernicolo mantenendo però un approccio insospettabilmente progressivo.

(Matteo Piotto) Voto: 9/10