copDeathAngel(Nuclear Blast) Noto con piacere come la scena thrash metal goda, negli ultimi anni di buona salute. Oltre alla moltitudine di nuove bands uscite ultimamente sulla scia del rinnovato interesse verso questo genere musicale, si sono confermate anche alcune formazioni veterane, che hanno sfornato dischi ispirati in cui facevano rivivere gli antichi fasti dell’epoca d’oro. Basti pensare a Megadeth e Anthrax, che dopo anni di appannamento, hanno pubblicato lavori ispirati, tra i migliori della loro discografia. Per non parlare di Exodus e Overkill, usciti un paio di anni fa con dischi convincenti e grintosi, mentre gli Slayer si sono mantenuti su ottimi livelli, nonostante le vicissitudini vissute negli ultimi anni. Ero perciò curioso di sentire se i Death Angel sarebbero stati capaci di confermare lo stato di forma dimostrato tre anni fa con l’ottimo “The Dream Calls For Blood”, album che ha risollevato le sorti della band dopo le altalenanti prove offerte con i due precedenti lavori “Killing Season” e “Relentless Retribution”. Le aspettative erano buone, ma non mi sarei mai immaginato un lavoro di tale portata, tanto da candidarsi ad essere l’album thrash dell’anno. Una cosa che ho sempre ammirato dei Death Angel è la capacità di creare album furiosi, caratterizzati da riffs veloci ed impetuosi, ma suonati con una pulizia esecutiva che conferisce ai brani una classe innata. “The Moth” parte con un riff di chitarra solenne ed epico che dopo pochi istanti si trasforma in un potente mid tempo seguito da accelerazioni devastanti all’altezza del chorus e durante gli assoli, sempre egregiamente eseguiti. “Cause For Alarm” è aperta dal basso distorto, che esegue un riff subito doppiato dalle chitarre, che si lanciano in un assalto thrash veloce e trascinante. “Lost” rallenta le ritmiche, che si fanno oscure e malinconiche, mentre la voce di Mark Osegueda è semplicemente eccezionale per espressività ed estensione. “Hatred United, United Hate” è uno dei brani migliori mai composti dalla formazione Californiana: l’apertura è affidata ad un arpeggio lugubre e sinistro, seguito da riffs secchi scanditi da bordate di batteria, che sviluppano in un mid tempo sul quale si staglia la voce rabbiosa di Osegueda, mai così incisiva come in questo album. Questo ottavo lavoro, ci consegna i Death Angel in gran forma, ispirati a livello compositivo ed ulteriormente cresciuti a livello tecnico. Imperdibile!

(Matteo Piotto) Voto: 10/10