(Punishment 18 Records) Questo è l’album che non ti aspetti perché guardando l’artwork e tutto il resto si ha l’impressione di avere a che fare con una release folk metal. Quella però è l’apparenza, i contenuti sono altri: Belo Dunum – Echoes From The Past” è death metal oscuro, inquieto, violento, bardato di inserti che mai si poteva pensare di ascoltare dentro un album death metal, come citazioni alla storia e al folklore di quelle terre, ovvero il Veneto, Vajont e la 1° Guerra Mondiale. I Delirium X Tremens sono già autori di buone prove, ma questo secondo album che esce a quattro anni dal primo supera ogni altra cosa fatta. “I Was” è un brano cupo con l’inserto di una farlocca parentesi di tastiera (o forse xilofono?) e chitarra, seguita poi da synth epici e solenni. “Teveròn, the Sleeping Giant” è un brano che tesse il drumming con un riffing serrato e ipertrofico, cablato su variazioni di velocità e melodie articolate. Lo stesso vale per  “The Legend of Càzha Selvàrega”, con il magnifico growling di Ciardo in evidenza perché capace di dare ritmo al testo. La sorpresa vera è “Artiglieria Alpina”, dove un canto degli alpini che apre la devastante epica in mid-tempo nella quale Ciardo canta (in italiano) le gesta del glorioso corpo militare. Un pezzo del genere pur dimostrandosi semplice nella struttura, possiede un’epica insuperabile. “33 Days of Pontificate (Vatican Inc.)” è un brano nel più classico stile death metal (che ricorda i Death), teso a rievocare Papa Luciani – veneto come i Delirium X Tremens- e i suoi 33 giorni di pontificato. Dunque coglie spunto da una vicenda dai contorni poco chiari e che il testo denuncia come una spietata eliminazione di “un Uomo delle Montagne” nel regno di “orsi, squali e sciacalli”. “Life Before Nothing” è ispirato alla tragedia del Vajont, raccontata attraverso un ottimo death metal ricco di trovate : su tutte l’onomatopeica delle pelli di Thomas, mentre si odono voci e suoni devastanti e il flauto di Ciardo che soffia una melodia malinconica. Un contrasto magnifico! Si trovano anche scorci strumentali in scaletta, rivolti a interrompere la tensione e dare una linea diversa soprattutto alle storie; i testi di “Belo Dunum” hanno un ruolo importante, sono principalmente  in inglese (il booklet offre anche la traduzione a fronte), ma alcuni passaggi del cantato sono in italiano e in dialetto e amplificano il pathos del messaggio che si vuol lanciare. “Belo Dunum” è un insieme solenne che racconta con suoni e storie, diventando nei suoi 43′ una vera narrazione, senza prescindere dal death metal.

(Alberto Vitale) voto: 7,5/10