copdemonlung15(Candlelight) La dimensione oscura dei Demon Liung risorge, ammantata di un artwork sinistro (di Joshua Foster ) e contemporaneamente colorato. Lapide di un sound corposo e perennemente avvolto da cupa e inesorabile decadenza. Las Vegas non ha mai avuto dei figli più sulfurei di loro…forse! Le buone intenzioni mostrate nell’EP “Pareidolia” (QUI) e lo sviluppo stilistico dell’album “The Hundredth Name” (QUI), vengono accantonati da una prova, appunto “A Dracula”, che rasenta l’eccellenza dei dettami doom metal. Ovviamente un canovaccio di stile questo album, non un’innovazione del genere (tra l’altro impossibile da attuare nel doom), ma un sacro rispetto del tutto e una cerimoniosa solennità che culla l’ascolto di ogni dovoto di questo stile musicale. Avvenente “Gypsy Curse”, canzone che si distende fino a territori annidati nei mondi della psichedelia. Solido e ancestrale il sabbathico riff di “Deny the Saviour”. Shanda Fredrick è sacerdotessa che si esibisce al microfono, ma come sempre con tonalità talmente soffuse da farla apparire in alcuni momenti come un’entità androgina. Il wall of sound dei Demon Lung è maledettamente possente, fiero, ma su tutto si snoda con un’intima agilità, tanto da rendere il minutaggio sostenuto dei pezzi un rituale coinvolgente. Il rapimento dei sensi di alcune pieghe melodiche è subdolo, ha fascino. Contribuisce alla riuscita di certo Billy Anderson (Neurosis, High On Fire, Eyehategod ecc.) per la produzione, ma non da meno l’ispirazione avuta dalla band grazie al film horror del 1977 di Juan López Moctezuma, “Alucarda”.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10