(No Remorse Records) Se “Rendezvous with Destiny” rasentava la perfezione, “III” ci si approssima ancora di più: gli eroi italoellenici dell’us metal (sì, sembra un controsenso, ma se conoscete già la band sapete che non è così) attuano un ‘ritorno alle origini’ potente quanto evocativo, e senza dimenticare la strada percorsa fino ad oggi si lanciano in una accorata ripresa degli stilemi dell’epic metal primordiale. Il risultato è un disco che, per quanto i referenti siano molteplici e ben riconoscibili all’ascoltatore che segue la scena underground, non assomiglia a NULLA che sia attualmente in circolazione! Il che è segno certo della grandezza di una band. Questo album mirabile si apre con la carica di “Return of the Blades”, che prende il meglio dell’us metal, lo colora con un refrain epico, ci inserisce per il break una progressione alla Visigoth… e crea un singolo irresistibile! Inizio acustico per “Soldiers of Light”, che poi decolla subito in una cavalcata epica che in molti passaggi, fatte salve le differenze di cantato fra Marco Concoreggi e Alex Mereu, ricorda addirittura gli Holy Martyr. Cosa pensate poi potrà offrirvi un brano che si chiama “In the Days of epic Metal”? Meglio degli ultimi BattleroaR, grazie a una mirabile linea di chitarra, si fonda sul cantato evocativo e ammaliante di Marco, davvero l’ultimo narratore delle antiche leggende, il Guardiano della Fiamma che preserva una tradizione che non può morire. “The Eyes of Merlin” è un altro mid-tempo magico, con un riff degno degli Atlantean Kodex; si pesta duro con “Conan the Barbarian”, con un basso pulsante e un finale da applausi. L’interpretazione di Marco è ancora una volta la marcia in più, il ‘quid’ segreto che rende emozionante sentir parlare di uno dei temi più abusati dalla scena epica. Più luminosa “The Dragon of the Mist”, che fa di nuovo pensare ai primi, seminali, immensi BattleroaR; di nuovo velocità in puro stile us metal per “Reign of the white Knight”, si chiude poi con un brano cadenzato, “The Demonslayer”, in certi punti doomeggiante, in altri animato da improvvise accelerazioni, che permette di godersi l’ultima teatrale interpretazione di Marco… e si chiude con un imprevisto ‘Gloria in Excelsis Deo’! Per concludere: l’epic metal lo hanno inventato Manowar, Manilla Road, Cirith Ungol e Virgin Steele: oggi lo tengono vivo i Dexter Ward. Non credo di dover aggiungere altro.

(René Urkus) Voto: 9,5/10