(Indie Recordings) Che entità strana questi norvegesi! Strana e dannatamente originale. È sempre difficile classificare il loro sound, in quanto estremamente variegato ma altamente efficace ed impattante! Basta ascoltare il primo brano, “Coal”, per rendersi conto di quale mostro sonoro questi quattro ragazzi sono in grado di mettere in piedi ancora una volta: apertura melodica, moderna, quasi alternative… con linee vocali pulite, quasi atmosferiche e dolci… questo prima di un’esplosione di cattiveria, rabbia, di linee vocali selvagge, putrefatte, devastate… in una continua alternanza che sbatte l’ascoltatore tra atmosfere in stile Katatonia e brutalità di origine black metal. Musica tra l’estremo ed il suggestivo. Tra l’atmosferico ed il metal classico. Tra il rock moderno e un rock d’annata farcito da interessanti assoli: un blend micidiale che risulta assolutamente attraente! Suggestiva “Black Water”, con la sezione violenta prettamente orientata al death. Pulsante “A Fail of Design”. Drammatica ed inquietante “From Which We Came”, canzone che riesce a raggiungere livelli di oscurità diabolica in perfetto contrasto con altri brani come il precedente. Contorta e teatrale “The Body”, una canzone con cambi di scena che vanno oltre il semplice concetto di musica e canzone. Convergenza tra rock vintage e death furioso, con tracce doomy, su “Dominance”. Romantici. Eterei. Diretti ed atmosferici. Rabbiosi e diabolici. Provocanti e snervanti. I Dreamarcher hanno una loro idea la quale attinge a piene mani da un ventaglio vastissimo di generi, dando vita ad un qualcosa di originale molto ben coordinato, molto lontano da una forzatura di cose accostate in modo incompatibile: questi ragazzi suonano divinamente bene e sono decisamente geniali! Certo, è un po’ sbiadita la sorpresa che riservarono con il debutto omonimo (recensione qui), e forse questo album è più abbordabile, più ‘facile’ , più ‘comprensibile’ del precedente… ma restiamo comunque ad altissimi livelli: rock che si fonde con il metal (di tutti i tipi) incrociandosi con vaste teorie jazz. Il titolo, forse, è un altro aspetto della loro genialità: “The Bond”… ‘Il Legame’…

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10