(Argonauta Records) L’Ouroboros del titolo è il serpente che si autoalimenta all’infinito mangiando la propria coda… un’immagine suggestiva, che si staglia nella bellissima copertina e che fa da indice di quanto sia alta l’attenzione del combo per i particolari. La traccia di apertura, che da pure il nome all’album è una splendida e accattivante intro strumentale che sembra estratta da un film degli anni ’80 ambientato nell’Arizona torrida e glaciale allo stesso tempo. Una traccia tanto semplice quanto coinvolgente e ammaliante che prepara lo spirito per le restanti otto trecce, un concentrato di stoner molto orientato al metal duro e sporco del sud dell’America. Da un genere simile non potevo aspettarmi altro che una voce roca rovinata e resa ruvida da anni di vizi, fumo e alcol, mentre sciamani cosmici con basso e chitarra accennano danze in un deserto dei colori della mente di un allucinato. Il duo ci da dentro con riff che ti fanno sfrecciare con i pensieri mentre senti in lontananza il lamento dei coyote. Musica d’autore, tanto semplice quanto sensuale, pericolosa e ipnotica come i movimenti dei sonagli di un cobra che col suo morso vuole solo portarvi dall’altra parte. Una piccola gemma dello stoner.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10