copEnisum(Dusktone) Adoro quando il black metal si focalizza sulla natura, sulla terra e, in particolar modo, sulle origini degli artisti che danno vita alla musica. Il black dovrebbe essere un’espressione musicale che dipinge le provenienze, le tradizioni, i legami inscindibili con una natura capace di dare i natali, di scolpire in modo indelebile le caratteristiche dell’individuo. Trovo inoltre fantastico che nel nostro paese, così ricco di panorami naturali e tradizioni millenarie, ci siano alcune realtà musicali che tramite generi estremi riescono a materializzare una fedeltà assoluta verso la terra, verso i suoi odori, colori, significati, geografia, verso spiriti senza tempo capaci di dare vita a tutto quello che ci circonda, ci avvolge, ci regala il diritto al respiro. Gli Enisum sono piemontesi, della Val di Susa, “Vâl Susa” in arpitano, la lingua francoprovenzale che era parlata proprio da queste parti e che dona il nome a questa fantastica release di pregevole black metal. Un black metal furioso, crudele, ma anche melodico, armonico. Un black che alterna riff crudeli a mid tempo supremi, un black che trova una meravigliosa vicinanza stilistica con i grandiosi Nocturnal Depression, senza però cadere nello scontato della similitudine esagerata, nonostante il singing di Lys sia veramente vicino a quella superba espressione di devastazione quale è la voce di Lord Lokhraed. I testi, poi, sono spesso tristi, descrivono una sofferenza di una terra capace di piangere lacrime, giurano fedeltà ad una terra capace di elargire amore. C’è quasi un collegamento sciamanico tra la band e l’oggetto di tutte le canzoni, ed è semplicemente impossibile resistere a questo magnetismo amplificato anche dalla copertina e dalle suggestive immagini del booklet e del digipak. Ricca di magia che diventa rabbia l’epica title track posta in apertura con un testo che apre le porte a questo viaggio nelle emozioni più pure. Black intenso su “Alpine Peaks”, un black che come neve sulle cime, riesce a cambiare l’aspetto della roccia più dura grazie ad una parentesi di arpeggi ricchi di una profondità melodica, la stessa dimensione che troviamo anche nella stupenda “Chiusella’s Waters”, una canzone che esplode nel black più selvaggio con una progressione trionfale. Nebbie tra i boschi con “Mountain’s Spirit”, intensità sonora con “Rociamlon”, forse la traccia che più risente (o gode?) dell’influenza dei sopra citati colleghi francesi. Infinta intensità e crudele brutalità su “Fauna’s Souls”, una canzone tra quelle dove compare un breve singing corale moderato con una presenza femminile discreta ma molto caratteristica. Dannazione ed amore oscuro con “The Place Where You Died” e “Desperate Souls”, mentre la conclusiva “Sunset On My Path” è un congedo ricco di tetra speranza, con una le vocals femminili molto più intense e decisamente epiche. “Arpitanian Lands” è possente, è personale, è ipnotico. Trasuda intensità emotiva, elargisce energia, diffonde sentimenti, avvicina alla natura, alla sua essenza, ai suoi suoni, a quella dimensione dove si scatenano percezioni che solo una decadente ma invidiabile solitudine nel mezzo dell’intensità del nulla può offrire. Un nulla vivo, un nulla che urla nel silenzio. Un nulla che respira, un nulla pulsante. Un nulla che trasmette tutta la sua essenza a coloro che sanno dominare un’arte ormai in via di estinzione. L’arte di ascoltare.

(Luca Zakk) Voto: 9/10