copfreefall(Nuclear Blast) I Free Fall sono la semplificazione del primo principio della termodinamica. Il principio dice che ∆U + W – Q = 0, tradotto è il famoso “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Questo vuol dire che Mattias Bärjed prende la sua chitarra e la collega all’amplificatore, lo stesso fa Jan Martens con il suo basso e nel mentre Kim Fransson sprigiona onde sonore, figlie di un amplesso tra quelle di Robert Plant e Bon Scott, nel microfono. Queste ondate sonore si riversano negli amplificatori e da li nei microfoni e poi su verso le consolle e gli strumenti che hanno missato e masterizzato questo album che proprio oggi (22/02, data in cui scrivo) arriva sul mercato. “Power and Volume” è la trasformazione in energia di quella marea sonora. Anzi è la trasformazione di energia in rock semplice, nudo e crudo. Vecchio stile, tipo Led Zeppelin degli esordi, AC/DC, molto Who, per la distorsione delle chitarre (oltre al pezzo che da il nome alla band), molto rock ‘n roll, in particolare “Top of the World”. Quindi tutto molto semplice e assimilabile, tutto piacevole ed immediatamente accattivante e se così non fosse per qualcuno, probabilmente questi dovrà preoccuparsi di un possibile calo di sangue nelle vene e che mal irrora i centri emozionali dell’organismo. “Attila”, è una meravigliosa esternazione di un rock molto sensuale e ipnotico insieme e che nella prima fase sembra melodicamente un incrocio tra i The Who e i Free, salvo poi tirare fuori un’energia sensibilmente superiore da parte del combo svedese. “Damnation” ha una solenne e vibrante eleganza. La batteria (dimenticavo lui, Ludwig Dahlberg, che con il suo kit partecipa a questa trasformazione energetica) batte inesorabile un “tum-tam” insistito e Kim Fransson che ruggisce come un guerriero sull’impianto musicale che Mattias Bärjed contribuisce a rendere quasi alla Deep Purple. “Meat”, la canzone che chiude l’album, è la perfetta sintesi in quel riffing portante di Bärjed e nelle modalità del cantato e delle ritmiche, di tutte le influenze dei Free Fall. Una sorta di riassunto, come i titoli di coda di un film che menzionano tutti coloro che hanno contribuito all’opera. Il fatto che la band svedese si cimenti in quello che è un selvaggio rock ‘n roll, spesso dal carattere istintuale, l’ascolto è il riaffiorare di sonorità attraverso 50 anni di musica. Per esempio l’attacco inziale di “Power & Volume”, opener dell’album, rappresenta di quanto più classico si sia mai sentito nel rock. Il refrain della sei corde mi ricorda inevitabilmente Chuck Berry, padre, nonno e divinità di tanti rocker. La canzone è il primo esempio del concetto di energia che diventa rock. Un album intrigante, appassionato, ma anche un revival espresso con disinvolta capacità e qualità.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10