(Mighty Music) È la terza prova per Liv Jagrell dei Sinister Sin, con questi sui Liv Sin qui rinnovati nella line up che circonda la frontwoman. Energia senza ritegno, esplosività, sonorità impattanti… ed un attitudine molto incazzata: il titolo sembra infatti si rifaccia all’induismo, ai periodi usati da questa religione per indicare le età dell’evoluzione della Terra e, il Kali Yuga, ovvero il quarto periodo, è quello attuale, il nostro, l’età del ferro… un’epoca oscura, piena di conflitti, sferzata da ignoranza spirituale che porta alla superficialità, a valori strettamente materiali… alla definizione del peccato! Heavy rock ed heavy metal ricchi di componenti tradizionali ma farciti di sonorità moderne, assicurando metal classico in una proposta assolutamente in linea con il gusto di oggi… cosa molto percepibile già dalla opener “The Process”, brano con una melodia vincente, un ritornello incisivo ed una galassia di suoni super moderni, più legati a tendenze goth/malinconiche e ad una espressività giovane… nonostante la canzone si riveli incalzante, dannatamente catchy -un’autentica headbanger- con una Liv capace di spingersi oltre, fino al growl… pur mettendo gli accenti su quella sua voce semplicemente favolosa, in grado di abbracciare un range sempre vastissimo. Maledettamente heavy “Antihero”, graffiante, pulsante e scatenata “King Of Fools”… un altro brano con un ritornello che emerge tuonante, oltre ad un break down molto ben riuscito. Capolavoro “Forget My Name”: un mid tempo cadenzato in perfetto stile metal classico (Judas Priest? Accept?), con chitarre urlanti e quel contorno di keys che trascina tutto dentro una futuristica e rovente colata di metallo classico. Riff lascivo con evoluzioni aggressive per la granitica “Karma”, traccia coronata da un assolo molto ben concepito, traccia nella quale Liv spazia con la sua voce toccando vari confini. Intima, profonda, intensa, teatrale, nuovamente moderna e con un assolo pazzesco “I Am The Storm“, sublime equilibrio tra ruvidità heavy e sensualità pop con “Virus”, bello il duetto con la voce maschile nel sentore tanto epico quanto malinconico di “D.E.R.”. Oscura e drammatica “The Swarm”, prima di quell’impostazione sognante e tetra della conclusiva “Horizon In Black”. Prodotto dalla stessa band, anche se con l’aiuto di nomi grossi quali Simon Johansson, Mike Wead (King Diamond e Mercyful Fate) e Tue Madsen (Witchery, The Haunted, At The Gates), “KaliYuga” è capace di diffondere una grinta spaventosa, sia per le linee vocali che per la potenza sonora elargita, quasi uno street heavy rock-metal pompato, sovralimentato… esaltato dall’effetto di potenti stupefacenti!

(Luca Zakk) Voto: 9/10