(Pink Tank Records) Con tante cose da dire, cantandole, e con tanti suoni da trasmettere, i Lost Moon sono al loro massimo grado in questo nuovo album. Elettricità, acido cosmico e terreno, colorato, grunge, rock vecchio stampo, tutto è compresso, poi spalmato in poco più di mezz’ora. I Lost Moon infondono nei pezzi qualcosa che arriva dal rock, dal punk e da ere passate che creano atmosfere quasi psichedeliche. “Visions” ricorda un po’ quei Pearl Jam che si rifacevano ai Led Zeppelin, o se preferite, l’atmosfera di “Led Zeppelin III” in un certo qual modo rivive in questo pezzo. Anche “Pilgrimage” ricorda quelle atmosfere. Al di là del rock vero, la migliore manipolazione della psichedelia e di un modo di suonare acido e irruento, avviene in “The Day We Broke the Spell” e nella travolgente title track, dove campeggia un’atmosfera dura e vibrante. Con una sezione ritmica agile e costante, con chitarre che scatenano vibrazioni, alimentate da chip e valvole di effetti classici ma dirompenti, i Lost Moon si pongono tra sfuriate alternative rock, acid rock e quasi noise anni ’90, come in “Dawn” e “Light Inside”, mentre le andature canoniche avvicinano la band forse al miglior grunge possibile. Il meglio di Soundgarden, di Stone Temple Pilots e cose del genere, per dare una qualche idea. Al contempo però le ottime otto canzoni dell’album sono il frutto di un lavoro personale sviluppato in venti anni di attività, non da meno delle qualità dei singoli. Stefano Paolucci ha un voce adatta al sound generale, la sua chitarra poi disegna il qualcosa, mentre il di più è sorretto da dall’altro Paolucci, Pierluigi, alla batteria e Adolfo Calandro, il bassista che si frappone tra quel pendolo ritmico di Pierluigi e le chitarre camaleontiche.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10