coplucaturilli2(Nuclear Blast) Cinematic metal all’ennesima potenza: solo così si può descrivere “Prometheus”, la nuova fatica di Luca Turilli, il secondo disco dei ‘suoi’ Rhapsody. Le intuizioni di “Ascending to Infinity” (recensito QUI) esplodono ora in un tripudio addirittura frastornante: e non vi nascondo che dopo il primo ascolto ero molto scettico sul valore complessivo del disco (che dura ben 70 minuti!), letteralmente stanco, e quasi intontito dalla quantità di cori, arrangiamenti pomposi, assoli velocissimi e inserti elettronici. Ma ascoltato e metabolizzato con la debita calma, “Prometheus” rivela tutti i suoi pregi: la sensazione che ci sia qualcosina di troppo mi è rimasta, ma le capacità di songwriting di Turilli non si discutono… forse potremmo dire che qui siamo di fronte alla massima estrinsecazione delle potenzialità della sua musica, con tutto quello che ciò comporta per chi ama e per chi odia il chitarrista triestino. Boombastic metal al 200%, insomma! Dopo l’intro “Nova Genesis”, che mescola in parti quasi uguali parti da soundtrack ed elementi operistici, “Il Cigno nero” (ovviamente cantata in italiano) mostra che la direzione presa da Turilli con “Ascending to Infinity” è netta, stabile e consapevole: questo up-tempo comunque ancorato a strutture power metal si gioca molto sul pianoforte e su un tasso di melodia forse addirittura eccessivo, ma sicuramente vincente. Certo, “Rosenkreuz” ha ancora qualche reminiscenza di “March of the Swordmaster” e di quel modo di comporre musica, ma “Anahata” mi sembra spingere le potenzialità sinfoniche del sound oltre i limiti finora toccati, e si ricollega più ai brani di “The infinite Wonders of Creation” che ai Rhapsody of Fire vecchi o nuovi. “Il Tempo degli Dei” è un’altra canzone interamente in italiano, animata da un feeling glorioso, quasi happy metal; è dedicata alla controversa figura del sensitivo Gustavo Adolfo Rol, di cui Turilli si è dichiarato ammiratore. Non poteva mancare un pezzo ispirato a “Lord of the Rings”: “One Ring to rule them all” sceglie naturalmente atmosfere cinematografiche e complesse, con gli unici passaggi folkeggianti dell’intero platter. “Notturno”, ballad raffinata ma decisamente lontana da atmosfere metal, ci porta direttamente all’opera con un duetto fra Alessandro Conti e Sassy Bernert; altro ritornello pomposo e stellare per la titletrack, forse il pezzo più lineare del lotto (il che è tutto dire…). “King Solomon and the 72 Names of God” non si sottrae a una tendenza del metal odierno che io non amo, ovvero l’inserimento in scaletta di un brano con partiture mediorientali… il risultato è comunque godibile. Dopo la squillante “Yggdrasil” arriviamo così ai diciotto minuti di “Of Michael the Archangel and Lucifers Fall Part II: Codex Nemesis”, la seconda parte della mega-suite iniziata su “Ascending to Infinity”. Inutile dirvi che dopo cinque ascolti starete ancora cercando il filo complessivo del brano, che si svela epico soprattutto nei passaggi strumentali attorno alla sua metà; ma una volta afferrato il senso del tutto, c’è solo da meravigliarsi per le peripezie cinematografiche che Turilli si è inventato per chiudere il disco. Non grido al capolavoro assoluto, abitudine un po’ stucchevole di tanti colleghi di fronte a dischi italiani, però affermo con convinzione che “Prometheus” è un’ottima prova, che chiede tempo e passione all’ascoltatore.

(René Urkus) Voto: 7,5/10