(NovaEra Records) Alle porte del venticinquesimo anno di attività, i Necroart giungono al quinto sigillo, il quale tra le altre cose vede il ritorno del tastierista originale. Con questa band capitanata da Max, c’è sempre un clima di sorpresa, di inaspettata potenza sonora, di imprevedibile cambio di direzione e, dopo l’introspettivo “Lamma Sabactani” ed il contorto e pesante “Caino”, questo nuovo capitolo inietta una grande dose di poesia nell’arte oscura di questa band italiana. Dopo il seducente e misterioso intro “Inhale” è “Son of Worms” a portare subito dentro quel death/black che solo i Necroart sanno concepire… troppo death per essere black, troppo black per essere death… troppo svincolato per appartenere ai due generi, rimanendo comunque legato al metal classico, esaltato da concetti doom liturgicamente arricchiti dalle tastiere. L’imprevedibilità emerge tuonante con l’imponente “Still Dying God”, melodica, oscura, cantata in maniera sublime, capace di spaziare da impostazioni estreme a gotiche con stile e creatività. Atmosferica, delicata e molto suggestiva la title track: idee jazzistiche, un cantato intimo, progressioni di archi, linee di basso provocanti… il tutto coronato da fiati ai quali risulta impossibile resistere, tanto riescono ad innalzare a livelli mistici quella profonda malinconia di base. L’elettronica dell’intermezzo “For Any Earth Is Sky” conduce alla bellissima “Calvario”, una canzone con un favoloso testo in italiano, tanto grezza quanto raffinata, tanto graffiante quanto complessamente toccante, tanto grintosa quanto introspettivamente profonda. Con “The Hangman’s Noose” si apre uno scenario sonoro sconfinato, scalfito da impetuose oscure tempeste, ma anche accarezzato da brezze fresche e ricche di luminosità… prima dell’epilogo nuovamente elettronico, un dark ambient sulfureo che lascia spazio a violini in grado di materializzare immediatamente un profondo senso di nostalgia per l’esperienza sonora appena vissuta. Tra avvicendamenti di line up, dischi poco promossi ed una storia che giunge al quarto di secolo, i Necroart giungono ora ad un livello artistico, poetico e musicale semplicemente mostruoso, elevato, quasi irraggiungibile… rendendo la loro storia ancora più identificativa, apparentemente sempre in bilico tra il i riflettori del successo e i miasmi sulfurei dell’underground; ma dopotutto sono loro stessi a descrivere quasi autobiograficamente questi cinque lustri di musica creata con passione: “Nessun oblio può essere buio abbastanza da fermare il grande dolore. Nessuna tomba sarà mai profonda come l’oblio che vive nel cuore di un uomo e nel suo Calvario”.

(Luca Zakk) Voto: 10/10