copnoctooa(Pesanta Urfolk) Oscurità assoluta. Oscurità che trafigge, avvolge, stringe fino alla morte. Pesanta Urfolk è una label che sorprende. Le sue release spaziano tra lontani confini, contrastanti generi: da musica estrema a concetti rilassanti ed introspettivi. Ma c’è sempre una componente comune, che trovo fantastica, deliziosa, attraente: l’oscurità. Non è importante se proviene da un black metal estremo o da un ambient iniettato di folklore remoto o gusto alternativo: l’oscurità è una cosa assoluta, dominante, super partes. Noctooa nasce come duo in California, ed “Adaption” è il debutto, è la rivelazione. E’ l’oscurità. Facilmente definibili come fautori di dark folk, i Noctooa sanno spingersi oltre, creando una struttura musicale che è tutto e nulla, che include tutto. E nulla. Tutto, per la saggezza artistica, nulla per quel vuoto psicologico e spirituale che riescono a creare. Il nulla. L’oscurità appunto. Un’oscurità accentuata dalla sublime voce di Sammy che mi ricorda in maniera sconvolgente il defunto Peter Steele dei Type O Negative: una voce calda, tetra, profonda, sensuale… piena di sentimenti ed emozioni. Sammy Fielding e Jorge Gallo: Sammy cura le chitarre, la voce e le percussioni con pedale elettronico, mentre Jorge cura atmosfere fatte di chitarre elettriche, tastiere, backing vocals. Sono solo in due ma coprono una vasta sfera sonora, e sembra quasi assurdo che solo due persone possano generare un simile soundscape (comunque violini e violoncello sono suonati da due guest, Rita Revere e Kaitlin McSweeney). I testi sono fantastici, sono scritti con una malinconia infinita, sempre ispirata da scene prive di luce, fredde, con tutta la simbologia appartenente all’oscuro: basta leggere i primi due versi della superlativa opener “Persistence” per addentrarsi nei meandri misteriosi di questo song writing: “Mi apri le vene e ci viaggi dentro. Ti mostrerò cosa ho vissuto e dove sono morto”. Canzone fantastica come la seguente “Can’t Serve” piena di un feeling country, southern, i violini… e quel testo con una metrica perfetta, una testo che crea una sua personale melodia. “Poly-Dimensional” è un altro capolavoro: musica, ritmica, testo che circondano l’ascoltatore, ne afferrano il collo in un abbraccio che si evolve verso una morte dolcissima, piena di melodia e piacere. “Sleeping Beira” aggiunge più intensità e melodia, mentre “Slate” accentua la decadenza ma anche il suono cristallino, la chitarra più brillante, il violino più squillante. Si orienta verso un indefinito sound etnico “Glass Empire”, dove trionfano chitarre e cori. “Winter Solstice” descrive musicalmente la tristezza del giorno più buio dell’anno ma anche l’affacciarsi di una nuova stagione, di una luce in aumento, di una natura che si avvicina al risveglio… di un amore oscuro descritto nell’emblematico testo. Triste ma trionfale “We Bring The Rain”, mentre la decima ed ultima canzone -la title track- è descrittiva, riassuntiva ed infinitamente triste, pessimista. Abituati ad ombre e privazione di luce per mezzo di bands estreme, generi estremi, suoni estremi è quanto mai stupefacente ascoltare una band come i Noctooa: l’identificazione immediata di un modo esageratemente nero di concepire la vita scatena molte domande, molti quesiti: cos’è l’oscurità? Cos’è il lato introspettivo, pessimista, decadente, privo di speranza della musica? C’è un genere che rappresenta tutto ciò? Forse. Ma i Noctooa non suonano un determinato genere. Sono semplicemente loro. Sono dei burattinai che portano verso la fine marionette tristi, in un piccolo palcoscenico dipinto di nero, angusto, soffocante e senza via di uscita.

(Luca Zakk) Voto: 9/10