copsabhankra(Haarbn Productions) Sabhankra. A primo impatto, leggendo questo nome e vedendo la copertina ho subito pensato: “Ci risiamo, il solito gruppo black…”. Stappo la mia inseparabile birretta fresca e inizio l’ascolto. Il tutto prende forma attraverso una sorta di intro, a dire il vero abbastanza scontato, ma al tempo stesso anticipa ciò che di lì a poco assaporerò. Il secondo brano incomincia e mi sorgono dei dubbi…per sbaglio hanno inserito dei pezzi degli Agalloch in “Seers Memoir”? Incredibile, i Sabhankra riescono a incarnare il folk/black sperimentale degli Agalloch e farlo proprio, con sfumature che spaziano dal death al thrash vecchia scuola, rimanendo comunque a livelli tecnici molto alti e strutturati. Tutti i pezzi proseguono sulla falsa riga ma sempre dinamici e mai ripetitivi e questo non è assai scontato. “A Star To Shine” è l’ultima canzone e decisamente la più sorprendente: provate ad immaginare i Blind Guardian che un bel giorno decidono di fare black! Altro fattore che mi ha lasciato basito, per non dire incredulo, è la provenienza della band. Ebbene signori, non sono nordici, tedeschi o yankee…questi sono di Istanbul! Si, sono turchi, avete capito bene. Complessivamente, dunque, un buon lavoro: ammirevole la loro volontà di sperimentare all’interno di generi musicali (in questo caso folk/black e power) già affermati negli anni, senza mai cadere nel banale e nello scontato. D’altra parte però il tutto potrebbe sembrare poco appetibile per gli ascoltatori di vecchia data, perché comunque sia la sperimentazione dei Sabhankra non riesce a svincolarsi totalmente dagli schemi rigidi della tradizione. Questo non è necessariamente un male, anzi credo che i Sabhankra volutamente abbiano cercato di “innovare la tradizione”. Responsabilità non da poco. Sabhankra: Tradizione, sperimentazione, innovazione.

(Matteo Molotov Ross) Voto: 7,5/10