(Scarlet Records) Sadist, capitolo 2018. I liguri mi tornano un po’ a sorpresa con un album, giusto per farmi un regalo entro fine anno. Il lavoro precedente, “Hyaena” del 2015 (recensione qui) era stato per me un capitolo riuscitissimo e pesantissimo, un lavoro ammaliante che non faceva altro che confermare lo stato di grazia di un gruppo che per me non ha sbagliato mai un colpo. “Spellbound” segna una svolta ulteriore del suono del combo, ispiratosi questa volta ad una delle pagine fondamentali del cinema, quel “Psyco” di Hitchcock che ha influenzato generazioni di cineasti. E proprio dall’intro si percepisce la chiara matrice compositiva di un lavoro che in qualche modo è una colonna sonora delle nostre paure e psicosi. “39 Steps” sembra stampare il concetto in testa all’ascoltatore, siamo di fronte ad una versione schizzata e malata di una ost dei Goblin. La voce di Trevor non tradisce, mai: pesante come non la sentivo da tantissimo tempo, graffiante e soprattutto oscura e malefica. Il comparto tecnico ci offre uno degli esempi migliori di virtuosismo in ambito prog death. Talamanca e soci fanno letteralmente paura per la scioltezza che dimostrano in certi passaggi, complice una ispirazione che fluisce libera in ogni traccia del lavoro. Pur essendo un “classico” disco targato Sadist, ancora una volta la curiosità resta fino alla fine, non ci sono riempitivi di alcuna sorta. Ripeto, una delle rare band che non ha mai sbagliato un colpo. Impressionanti.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 10/10