(Hammerheart Records) Nonostante il loro debutto sulla lunga durata risalga al 2016 (“Burial Dimensions”), questa band di Uppsala, in Svezia, è in circolazione da oltre trent’anni, essendosi formata nel 1990, oggi una delle band death svedesi più vecchie ancora in circolazione. Dal ’90 al ’94 una manciata di demo, poi una pausa di oltre un decennio, fino al ritorno nel 2015, una nuova rinascita che -questo compreso- ha prodotto ben quattro dischi. Se a metà dello scorso decennio si trattò sostanzialmente di una reunion, oggi la line up dell’epoca è andata in malora (è da tener conto che due dei membri storici sono deceduti), tuttavia rimane il fondatore e vocalist Heval Bozarslan, anche nei Deathswarm, e con lui il chitarrista che c’era alla fine della prima versione della band, ovvero Anders Eriksson, anche lui nei Deathswarm. “Stellar Stream Obscured” è geniale in quanto suona antico, suona d’epoca… suona come proprio come suonavano i Sarcasm un tempo, iniettando melodie, riff esaltanti, discese negli abissi macilenti del death, divagazioni suggestive e qualche remota influenza (o legame?) con il black. L’album è un concept che ruota attorno all’idea del viaggio ed è diviso in due capitoli contenenti quattro brani ciascuno. Il primo capitolo “Chapter I: Terra Ingloria” apre con una poco educata “Through the Crystal Portal”, traccia diretta, grezza, scatenata, mentre “We Only Saw the Shadows of Life” travolge ed inizia ad iniettare le svariate componenti tecniche e stilistiche che i Sarcasm sanno fondere tra loro. La lunga “Ancient Visitors” è quasi un capitolo a parte: doom o funeral doom pesantissimo, lento, lacerante capace di crescere d’intensità, diventando teatrale, glorioso, mentre “The Spinning Tomb” torna ad un death più schietto anche se il lavoro melodico delle chitarre vuole portare l’attenzione molto più in profondità. Il secondo capitolo, “Chapter II: Terra Vis”, offre l’ottimo black di “Obsidian Eyes”, una canzone che poi regala una chitarra solista sublime, mentre “The Powers of Suffering that Be”, oltre alle parentesi gotiche/melodiche, incalza con un death efferato e galoppante. Inquietante il pianoforte che apre “Apocalyptic Serenity”, un brano penetrante, capace di lasciar spazio ad un assolo avvincente, ricco di death pesante, mai veloce, sempre tecnico, sicuramente vicino ai primi Paradise Lost. “Let us Descend” è atmosferica, delicata, nuovamente teatrale… prima di esplodere in black/death che conduce con impeto alla chiusura del disco. Melodia che avvolge e fa evolvere le brutalità. Linee vocali che abbracciano più il black che il death. Praticamente una fusione di black, tendenze melodiche, death, goth e ricercatezze puramente musicali, più vicine al metal tradizionale: “Stellar Stream Obscured”, registrato in maniera fantastica, è tanto oscuro e maligno quanto esaltante e provocante: trionfante, perverso, pungente, dannatamente entusiasmante!

(Luca Zakk) Voto: 8/10