(Beyond the Storm Productions) Ricordo gli slovacchi Signum Regis per il loro piacevole debut, del 2008, e per il più recente “Chapter IV”, del 2015; pur non avendo seguito con la massima attenzione tutte le loro uscite, li ritrovo ora, con un tasso di prog decisamente maggiorato, per il loro sesto album in studio. Le trame chitarristiche della opener “Kings of the Underground” non si dimenticano facilmente, ma fa di meglio l’illuminato ritornello, praticamente dalle parti dei Freedom Call; più spigolosa “Prisoner’s Elegy”, mentre “The City of God” inserisce nel sound anche qualche momento neoclassico. Non è un caso isolato, perché anche la ricca e articolata “Let Freedom Ring” contiene degli elementi a tema. Il brano migliore della scaletta mi sembra “A Memory”, sia per un ritornello assolutamente vincente, sia per una sezione strumentale degna del miglior prog in circolazione! In generale, noterei comunque come i Signum Regis vadano spesso oltre i cinque minuti, con i loro brani, senza annoiare e senza strafare. “Never Surrender” ha addirittura i suoni degli Angra; la conclusiva “Scheme of Lies” un vago feeling maideniano. Power/prog di classe per una band di veterani.

(René Urkus) Voto: 7,5/10