copSTRANAOFFICINA3(JollyRoger Records) Primo full length per i Livornesi Strana Officina dopo due EP (“Strana Officina” del 1984 e “Ritual” del 1987). l’album in questione vede un parziale allontanamento dalle sonorità NWOBHM che caratterizzavano i lavori precedenti, in favore di un sound più vicino all’heavy metal a stelle e strisce che imperversava in quel periodo (1988). I pezzi si fanno più orecchiabili e talvolta fanno capolino alcune tastiere dal sapore AOR. Nonostante ciò, sorprende come il loro stile non venga snaturato ma addirittura acquisti potenza e renda le canzoni più dirette e meno dispersive. Dopo una breve intro parte “King Troll”, mid tempo cadenzato e potente che ricorda molto da vicino lo stile dei Dokken; la voce di Bud Ancillotti si trova perfettamente a proprio agio sia nei momenti più aggressivi, che in quelli più melodici. “War Games” segue il canovaccio compositivo della precedente. Qui Bud da il meglio di sé, con un approccio vocale che ricorda Joe Lynn Turner. “The Kiss Of Death” preme sull’acceleratore, risultando il brano più aggressivo dell’intero lavoro. Partiture al limite dello speed metal si alternano ad armonizzazioni maideniane. “Black Moon”, dominata dalle terzine di chitarra riporta la band allo stile dei propri esordi; trattasi, infatti del brano “Luna Nera” presente nell’EP d’esordio “Strana Officina”, ora cantata in Inglese. La title track tiene fede al proprio nome: puro rock’n’roll aperto da un riff che ricorda certe cose dei Blue Oyster Cult. “Burnin’ Wings” presenta un riff di chitarra secco e veloce, accentuato da spruzzate di tastiera; la canzone poi rallenta in un bridge che mi ricorda quello di “Victim Of Changes” dei Judas Priest”. Un delicato arpeggio introduce “Falling Star”, canzone con un incedere tipicamente AOR e con le tastiere in rilievo. “Don’t Cry” altro non è che la riproposizione in Inglese di “Vai Vai”, canzone risalente al 1979 in puro stile NWOBHM. Le due bonus tracks sono “King Troll” e “War Games”, entrambe dal vivo. Essendo le due canzoni già presenti in versione studio in apertura dell’album, l’unica utilità che hanno è quella di dimostrare le doti della band in concerto; per il resto non aggiungono niente a questo lavoro che definirei più easy listening rispetto ai due EP precedenti, ma capace di conservare un’energia e una freschezza che lo rendono piacevole ancora oggi, a 26 anni di distanza.

(Matteo Piotto) Voto: s.v.