(AOP Records) Pura emozione con il secondo album degli spagnoli Sun Of The Dying. Collocati tra il death ed il doom, in verità creano un sound pregno di atmosfera, dalle influenze oscure e gotiche, con tastiere suggestive, linee di basso imponenti, chitarre provocanti e linee vocali duali che intensificano in ogni momento la resa sonora della band. Dopo la title track, ovvero l’intro atmosferico, è l’imponente “A Dying Light” a rivelare la variabilità e l’eterogeneità sonora della band: momenti introspettivi seguiti da pesantissime sezioni melodic doom con clean vocal malinconiche le quali evolvono e si alternano ad un growl possente e grave… prima di un ulteriore cambio verso riff furiosi e deliziosamente thrashy. “A Cold Unnamed Fear” ha radici symphonic black, anche se l’impostazione è più decadente e cavernosa, con una dominante sempre rappresentata da un avvilimento dai colori molto tetri. Stupenda “Orion”: teatrale, ricca di suspense, intima e profonda con una melodia fascinosa, bellissimi archi e tonalità vocali seducenti. Lenta, pesante e cupa “When the Morning Came” un brano che ricorda certi episodi di Crematory e Paradise Lost. Efficaci le vibrazioni tenebrose della decadenza trionfale di “Monolith”, romanticismo malato e privo di luce con la conclusiva “White Skies and Grey Lands”. Un album nel quale la malinconia regna sovrana ma fiera ed epica, dove i sentimenti più brillanti sono annegati in un mare senza speranza, burrascoso ma inquietantemente silenzioso. Un album che scava in stati d’animo nascosti, innondati di lacrime e lasciati liberi di vagare senza meta in uno scenario autunnale, cupo, piovoso… camminando lentamente verso l’eternità invernale.

(Luca Zakk) Voto: 8/10