(The Dead Daisies Pty Ltd. / SPV) Quinto album per il ‘giocattolo di David Lowy’, personaggio che dal ‘nulla’ ha messo in piedi un supergruppo nel quale hanno militato artisti mitici, compresi Richard Fortus, Darryl Jones e Brian Tichy. Negli ultimo paio di dischi la line up si era ‘stabilizzata’, con il poeroso John Corabi (ex Mötley Crüe) alla voce, la coppia Marco Mendoza e Doug Aldrich (ex Whitesnake) a basso e chitarra ed il mitico Deen Castronovo alle pelli… ma, è risaputo, in casa Daisies le cose non sono mai tranquille, mai stabili… tanto che Corabi e Mendoza se ne sono alla fine andati. Come risolvere il problema di un gran vocalist ed un iconico bassista… magari con una sola persona che abbia un pedigree pauroso? Ed ecco che in questo “Holy Ground” entra in gioco il leggendario Glenn Hughes (Deep Purple, Black Sabbath, Black Country Communion, ecc.), un rocker vecchio stampo, uno di quelli veri e puri… riportando i Dead Daisies ad una line up strepitosa… impensabile…. assurdamente da sogno. Se “Make Some Noise” era energia e melodia rock (recensione qui), se “Burn it Down” (recensione qui) era più cattivo, sporco e polveroso, questo nuovo lavoro prende il meglio dei due dischi precedenti e lo rende più ribelle ma anche più progressivo, grazie alla voce di Glenn, più provocante, in qualche modo tra soul e vintage rock. Subito intensa e con un refrain memorabile “Holy Ground (Shake The Memory)”, pezzo con chitarre taglienti e linea di basso seducente. Emozionante “Like No Other (Bassline)”, diretta e pulsante “Come Alive”. Grintosa “Bustle And Flow”, sensuale ma pungente “My Fate”, rocambolesca la stupenda “Chosen And Justified”, un brano nel quale i The Dead Daisies ricordano concetti da manuale quali ‘headbanging’, ‘sballo’ e ‘lasciarsi trasportare dalla musica’. Lasciva “Saving Grace”, altro pezzo caratterizzato da un ritornello glorioso, oltre che da arrangiamenti geniali. Anche “Unspoken” sa inebriare e stregare, mentre “30 Days In The Hole” riporta ad un rock antico, diretto, schietto e deciso. Un po’ funky, un po’ agitatrice, molto tagliente “Righteous Days”, prima della lunga e conclusiva “Far Away”, una power ballad che fa sognare, desiderare, bramare ed eccitare. Album che cresce ascolto dopo ascolto. Assoli micidiali, linee vocali immense, riff intramontabili, drumming pesante e ricco della tipica furia di Deen: un album di heavy rock, di heavy metal vintage… che non appartiene a nessuna epoca, anche se riesce a coprirle tutte. Lowy ed i suoi ragazzi hanno messo in piedi un mostro e questa ennesima prova ricorda a tutti cosa diavolo sia il vero rock’n’roll!

(Luca Zakk) Voto: 9/10