(Napalm Records) Ritornano i The Graviators e questa volta gli svedesi escono per conto della Napalm Records, a testimonianza che la reputazione della band è cresciuta. Secondo lavoro, nuovo atto stoner e doom insieme. Nuovo album con la chitarra di Martin Fairbanks che splende come una poetessa maligna e ammaliatrice insieme. Il drumming è sempre consistente e dal tocco anni ’70 di Henrik Bergman e poi ci sono tanti accorgimenti che rendono “Evil Deeds” uno scrigno che va al di la dei generi già citati. Qui c’è comunque dell’hard rock, tendenze anni ’70, rock blues, ma tutto arriva ammantato di potenza e di una pulizia sonora che riesce a fornire le esatte frequenze dell’equipaggiamento dei The Graviators, senza laccare all’eccesso i suoni. Le canzoni hanno portamento ed energia e quando subentrano le tastiere, in particolare l’organo, l’incanto che strega è al suo massimo, come nella saturnina opener “Soulstealer” e “Presence”. Poi ci sono gli assoli lisergici o ribollenti di wah wah che sembrano fuochi di artificio e colorano di meraviglie l’ascolto. Anche il cantato di Niklas Sjöberg da il suo contributo con una prova molto alla Ozzy Osbourne. Le radici del sound dei Nostri? Ovviamente i Black Sabbath e poi i Candlemass, i Saint Vitus, ma il tutto viene  esposto attraverso materia nettamente rock. Nostalgici,  i doomster scandinavi lo sono. Le foto promozionali li vede come degli hippie di oggi, ma non c’è niente di male. “Evil Deeds” da l’idea di un party che celebra forme musicali libere e selvagge, esoteriche e free form per note senza tempo, ma che un tempo ormai trascorso lo hanno, ma senza aver perso smalto e fascino.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10