copthemission(SPV/Steamhammer) Fra le icone del rock britannico, i The Mission sono molto famosi in Germania, in Sud America e naturalmente nel loro paese, ma per quel che mi risulta non hanno mai suonato una singola data in Italia! La loro storia è iniziata nel lontano 1986, e da allora la band si è sciolta e riformata più volte, giungendo oggi a pubblicare l’undicesimo disco in studio. Non sono riuscito a entrare in sintonia con questo “The brightest Light” fino a quando non ho preso cuffie bicicletta e sono andato a pedalare in riva al mare, godendomi una delle ultime belle giornate di quest’estate; solo in quel momento i suoni caldi e il songwriting assai multicolore mi hanno conquistato. Rispetto al resto del disco, molto più easy listening, sono atipici gli otto minuti di “Black Cat Bone”, con sonorità potenti e diluite, ma comunque legate al rock americano (l’uso del basso ricorda qualcosa dei White Stripes). Dopo “Everything but the Squeal”, sbarazzina e stradaiola, “Born under a good Sign” ha qualcosa del teen rock da classifica e un bel ritmo sostenuto. “When the Trap clicks Shut behind us” è una gradevole ballad acustica dai toni quasi southern, gli stessi che troviamo, grazie all’armonica, in “Just another Pawn in your Game”; ancora una semi-ballad è “Ain’t no Prayer in the Bible can save me”, con il miglior refrain dell’intero disco. La conclusiva “Lithany for the Faithful” è amara e distaccata: il titolo è appropriato, perché l’andamento da preghiera è creato dall’ossessiva ripetizione di alcune parole lungo tutto il pezzo. Un album molto maturo, diretto al pubblico più vasto possibile, ma composto con cura e con grandi capacità.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10