Era tempo di portare in tour quel poderoso “Existence Is Futile” uscito l’anno scorso (recensione qui) e, finalmente, ecco tornare Dani con i suoi Cradle of Filth… una band che ho sempre amato, una band che non vedevo ormai dal 2018, in occasione del tour assieme ai Moonspell (foto qui). Da allora un po’ di cose sono cambiate: non solo c’è un altro album… anche la line up ha subito dei mutamenti! Non ci sono più la voce femminile e le tastiere di Lindsay Schoolcraft (che intervistai proprio in quell’appuntamento del 2018, qui)… ma nemmeno quelle di Anabelle Iratni (Devilment, Veile), presente invece nelle registrazioni di “Existence Is Futile”, visto che da quest’anno la figura femminile tipica dei Cradle è la bravissima Zoë Marie Federoff (figlia di Matt Federoff e allieva della mitica Floor Jansen, voce di Nightwish e della galassia di Arjien Lucassen). Anche alle sei corde c’è un nuovo aggressivo elemento, ovvero Donny Burbage (Æther Realm), il quale sostituisce Richard Shaw, presente alle registrazioni degli ultimi tre lavori. Ma è ormai risaputo che la line up di questa band è ‘quasi secondaria’, visto che tutto ruota attorno a Mr. Dani… tanto che la band potrebbe davvero chiamarsi anche ‘Dani & the Cradles’, mettendo così in chiaro fin dal moniker che questo gruppo ormai ultra trentennale è, senza dubbio, la geniale e personale visione artistica di questo front man unico. E la band che gli ruota attorno? Ormai, dopo tutto questo tempo, se vieni approvato da Dani significa che sei già un musicista di altissimo livello, in grado di mandare avanti questo teatro erotico degli orrori che è già gloriosamente giunto al tredicesimo album (quindicesimo se consideriamo anche “Midnight in the Labyrinth, or Songs for the Recently Dead and Arisen” e “Dusk and Her Embrace (The Original Sin)”), un teatro che puntualmente si riversa su un palco dominato dall’atteggiamento schizofrenico ed inconfondibile di Dani, un artista che riesce ad assemblare e distorcere le parole per sottometterle alla sua esigenza di narrazione decadente. Un concerto potente, forse uno dei migliori, energico, coinvolgente, ricco di teatralità (con esplosione di coriandoli e fuochi) ed una set list avvincente che con furia cavalca brani quali “Nocturnal Supremacy”, “I Am the Thorn”, “Nymphetamine” o “Her Ghost in the Fog”, queste due ultime canzoni in grado -in modo particolare- di mettere in mostra l’angelica voce della nuova female vocalist.

Foto: Monica Furiani Photography

Più o meno in ogni passato tour dei Cradle of Filth, ho notato imprevedibili quanto ottime combinazioni del bill… un po’ perché -forse- è impossibile trovare qualcuno che faccia un genere davvero simile ai Cradle, ovvero quell’heavy metal classico (ascoltatevi i riff, tutti!) accelerato e reso teatrale da cori, tastiere e vocalist… un po’ perché -forse per una influenza di Dani- è meraviglioso offrire una serata diversificata, che non sia stagnante ed impostata su un solo unico genere estremo. Negli anni ho visto i Cradle con Moonspell (almeno due volte), con mostri estremi del black norvegese… e, anche questa volta l’abbinamento, non è stato affatto scontato, visto che le due band francesi in apertura ben poco hanno a che fare con lo stile degli headliners.

Foto: Monica Furiani Photography

I giovani Naraka convincono subito, con uno spettacolo avvincente, rabbioso, stimolante a supporto di un metal che mette le radici su thrash, death, groove, black, non privandosi di espansioni sonore di matrice sinfonica. Band perfetta per riscaldare una serata che punta a raggiungere l’ebollizione.

Se la band di apertura e gli headliners basano il loro spettacolo su una frenetica attività sul palco, su una palese dimostrazione di forza ed energia esplosiva, gli Alcest sono l’esatto opposto; capitanati da Neige -forse il vero inventore del blackgaze- sono l’immagine dell’introspezione, della malinconia, di un atteggiamento quasi distaccato il quale lascia spazio ad un infinito linguaggio musicale, costruito da arrangiamenti complessi, genialmente dissonanti, alternanze costanti tra distorsioni e clean, tra voci quasi sognanti a growl laceranti.

Foto: Monica Furiani Photography

Uno spettacolo immenso per gli Alcest, i quali hanno palesemente attirato una buona fetta di pubblico all’evento della serata, regalando un concerto indimenticabile, grazie anche ad un batterista favoloso, considerando anche la modestia del suo strumento (cassa, rullante, un tom, un timpano) se comparata con la mostruosa installazione di Marthus dei ‘Filth’, agli ormai stabili session -ovvero il meravigliosamente inespressivo Indria al basso e l’intenso Zero all’altra chitarra e clean vocals- e a un superlativo Neige, il quale probabilmente sogna che sia la sua musica il vero frontman del concerto.

Un’unica serata, tre concerti diametralmente opposti ma superlativamente ben combinati; tre diverse espressioni di oscurità e decadenza… quasi una conferma di quel concetto artistico che ho appena definito -forse non sbagliando- ‘Dani & the Cradles!’

(Luca Zakk)