(SPV/Steamhammer) Con i Crematory ho un rapporto strano. All’inizio fu amore. Intenso. Perduto. Dischi come “Transmigration”, “…Just Dreaming” e “Illusion” furono una rivelazione: un death metal ricco di keys, ma in contesto gotico. La voce di Felix era un growl possente, tagliente, micidiale. E quegli hook di keys su riff pesanti e cadenzati erano un orgasmo, il quale in brani come “Tears Of Time” trovavano il climax assoluto. Poi mi fecero il disco omonimo, tutto in tedesco, e persi un po’ l’interesse. Ci riprovai con “Awake”, un ottimo disco ma privo di una certa componente che rendeva le canzoni della band infinitamente catchy. Un po’ deluso saltai “Act Seven”, ci riprovai con “Believe”… ma poi smisi di seguirli. Ci riprovai nel 2014 con “Antiserum”, ma continuai a non ritenermi soddisfatto (recensione qui). Poi venne “Monument” (recensione qui), e sembrava ci fosse una ripresa… la quale finalmente, e con estremo piacere, confermo essere arrivata con questo nuovo “Oblivion”. Keys estreme, arrangiamenti orchestrali azzeccati, varie canzoni estremamente magnetiche, uso di voce growl e clean e quei riff semplicemente irresistibili, supportati da un drumming lineare ma con gli inserti giusti, non appariscenti ma assolutamente efficaci. “Salvation” è subito in testa, cattura, rapisce e non se ne va più. “Ghost of the Past” prende un po’ dai Paradise Lost (epoca ‘pop’) ma cresce bene, ed il ritornello in growl risulta diretto e potente. “Until the Dawn” è un altro piccolo capolavoro, nel quale il melodico ritornello è affidato al clean vocalist, con accenti possenti aggiunti da Felix. “Revenge is Mine” è relativamente tranquilla, ma travolge, scorre, è melodica, è provocante. Dark gothic con “Wrong Side”, una canzone dall’impostazione dei vecchi tempi addolcita per i tempi moderni, con un tocco di dark wave ideale. Oscura “Stay With Me”, un brano che abbandona completamente il death metal, sfrutta il clean vocalist a fondo senza comunque stonare nel contesto del disco. Immediatamente dopo è “For All Of Us” che ristabilisce le sonorità più pesanti, poi sommate a componenti elettronici ed industriali su “Immortal”, ma senza gli errori di arrangiamento ed abbinamento della voce che percepii con “Antiserum”. Tra il suggestivo, l’oscuro ed il teatrale la title track, una accelerata sempre in contesto pop-goth-death su “Cemetery Stillness”, un brano che nel main riff tirato, offre un Felix e delle tastiere che ricordano i primi album… cosa che vale anche per “Demon Inside”. I Crematory di oggi non sono certamente quelli dei quali mi innamorai agli inizi degli anni ’90. Ma nemmeno i tempi ed i suoni di oggi sono quelli di 25 anni fa. Con “Oblivion” i Crematory abbracciano una certa modernità, senza dimenticare da dove vengono e cosa hanno fatto. La risultante è un mix interessante, pulito, ordinato, coerente, un mix che regala un disco bello, godibile, interessante e con almeno cinque tracce delle quali sarà difficile fare a meno.

(Luca Zakk) Voto: 8/10