(Season of Mist) Sonorità caustiche. Inospitali. Rabbia forsennata. Arrivano al terzo album questi demoniaci francesi, dando un seguito a quel capolavoro di rituale sonoro intitolato “Exile” uscito cinque anni fa con la precedente label Les Acteurs de l’Ombre Productions (recensione qui). Un terzo album che in verità chiude una trilogia iniziata con il debutto omonimo del 2013, una triade che inneggia ai tragici destini dei protagonisti delle sacre scritture, i quali prima guardano gli uomini che cadono, poi cercano un disperato esilio ed ora mirano ad un finale che ambisce all’ascensione, ed in questa narrazione surreale, i blackster francesi vanno oltre l’interpretazione, risultando biblici, apocalittici, crudeli, inquietanti, diabolicamente drammatici. ”L’Ascension”, l’intro, crea uno stato d’animo di negazione della speranza, poi effettivamente stuprata dalla furia assassina di “A New Order”, un brano tirato che nel primo intermezzo materializza sensazioni infernali poi accentate da mid tempo con fame di conquista fino al secondo intermezzo più scenografico e suggestivo. “The Renegade Son” travolge con impeto: mai troppo veloce ma sempre catastroficamente pulsante, coinvolgente e disturbata. Riff e cambi progressivi uniti ad arpeggi tetri dilagano sulla poderosa “The Crowning”, un assalto sonoro che poi conduce verso stati di isterismo psicotico. Favolose quelle dissonanze strazianti di “Stellar Cross”, un brano dotato di melodie imponenti, in equilibrio tra il dramma assoluto ed un trionfalismo di entità dal nome impronunciabile. La perversione dell’atmosferico strumentale “La Tentation” abbandona l’ascoltatore ormai esanime sul capitolo conclusivo dell’album, della trilogia, “Au Bord Du Gouffre”, ovvero ‘sull’orlo dell’abisso’: un abisso pericoloso, tragico, mortale ma anche deliziosamente invitante, seducente come un’epica ed eroica chiamata verso le tenebre eterne. E sono proprio queste tenebre eterne che vengono dipinte con maestria da questo aspro “Ascension”! Black metal sferzato da dissonanze post, con ruvidezze sludge, inserti progressivi e organicamente oscuri. Riff furibondi; vocals estreme, rabbiose ma avvolte in miasmi sulfurei; spunti melodici sublimi ma dilaniati da dissonanze asfissianti e claustrofobiche. Se con “Exile” i Regarde Les Hommes Tomber tracciarono un confine tra loro e quello che è venuto prima di loro, con “Ascension” evidenziano una nuova, suprema ed eccelsa dimensione della loro maligna oscurità poetica!

(Luca Zakk) Voto: 10/10