(Season of Mist) Il mio approccio a “Lifehunger” è stato travolgente in quanto durante il Beyond the Gates in Norvegia, ho incontrato il mastermind Hváll (intervista qui), potendo capire molto di questo album, potendolo analizzare, profondamente parlandone con l’autore. Il primo aspetto che emerge è un impatto molto più diretto ed esplicito rispetto al precedente “Sólverv” (recensione qui) il quale risultava più introspettivo, in un certo senso più vicino ai Windir. Ma questo impatto diretto, tuttavia, non ha nulla a che fare con il dichiarato ‘black’n’roll’ il quale sarebbe non solo riduttivo ma anche molto forviante: “Lifehunger” è un qualcosa di più raffinato e contiene poco della schietta attitudine grezza tipica di quel genere. “Lifehunger” riassume anni di musica, anni di influenze, anni di classici e meno classici, anni di arte resa libera ed espressa in maniera spontanea: c’è black, c’è heavy, c’è rock’n’roll, c’è death metal… ma tutti questi generi sono affiancati, allineati e non assolutamente mescolati. Non si tratta di un frullato di cose diverse messe assieme per dare vita ad una nuova entità… piuttosto è un tripudio -ed un tributo- a decenni di musica dura, con varie componenti sapientemente abbinate con armonia ed intelligenza. “Lifehunger” può offrire un riff death metal seguito da un assolo appartenente all’heavy classico, prima di esplodere con un black travolgente: tale abbinamento appare tanto geniale quanto ovvio, e viene da chiedersi il perché nessuno ci abbia pensato prima, restandosene saldamente confinato nei confini del sottogenere di appartenenza. Inquietante e sensuale l’intro “Flowers & Blood” il quale si riversa sulla violenza epica di “One Hundred Years”, un brano black (Windir?) ma dominato da un riff rock’n’roll coronato da un assolo di puro e schietto heavy metal! Il brano offre una progressione ricca di musica e tecnica, con una intensa combinazione di death, post e folk. La title track apre con un riff da puro headbanging che si trasforma in un qualcosa di progressivo prima di abbandonarsi alle sferzate lascive di un riff thrash che sfocia in un ritornello decisamente black. L’assolo, ancora una volta è un bellissimo classico sostenuto da una ritmica black/death. Black’n’roll? Se proprio vogliamo cercarlo è “The Dead White” l’indicazione da seguire, anche se è facile ritrovarsi in ambiti diversi, e se proprio vogliamo inventare una definizione, allora possiamo parlare di ‘death’n’roll’… senza ovviamente ignorare quelle impostazioni… ‘thrash’n’roll’. Ma anche questo brano ha un’evoluzione atmosferica (con una chitarra classica sublime) ed un finale che rievoca l’impostazione epica del sound delle loro origini. “Hello Darkness” è un capolavoro, una entità provocante, occulta, eccitante, sensuale, sessuale. Main riff dal sapore di ectoplasma, clean vocals tutt’altro che sobrie grazie alla voce di un ospite d’eccezione, ovvero Aðalbjörn Tryggvason dei Sólstafir. “Black Rites in the Black Nights”, dal testo estremamente occulto, è una pura e magnifica sintesi di speed metal… un album che cerca le sue origini negli anni ’80 e che si colloca ai nostri tempi solo per le linee vocali ed alcuni dettagli criptici e suggestivi. “Sokrates Must Die” rivela le radici black, un black furioso il quale, con poca educazione, conduce alla conclusiva “Heimatt”, un bellissimo strumentale ricco di tecnica e magnificamente contorto. Anticipato da una copertina che trasuda violenza, annunciato da un titolo spietato, “Lifehunger” è un album che trivella il cervello in maniera irreversibile già dal primo ascolto, rilasciando però gustosissimi dettagli ad ogni spin successivo. Un album che esalta la vita e la creatività, ma -in perfetta linea con il black- anche l’egocentrismo dell’auto affermazione, le illimitate capacità del singolo individuo, dell’arte di arrangiarsi. Ecco… forse è questa proprio l’unica vera vena rock’n’roll nascosta dentro: una sfacciata sorgente energetica che genera forza, che spinge avanti, che invita a fare. Puro esaltante dinamismo, la colonna sonora di una vita che va vissuta con intensità e grinta incontrollabile!

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10