fotopsychofagist3Terza intervista nel giro di un anno e due mesi con qualcuno degli Psychofagist. Questa ennesima chiacchierata è motivata dall’uscita del nuovo album “Songs of Faint and Distortion” che porta con se il contributo da parte dei Napalmed (un trio ceco di “rumoristi”). Una pubblicazione molto attesa, dopo uno split con Antigama e un 7’’, i quali hanno tracciato ancora un pezzo del volubile percorso musicale del trio novarese. Percorso che vede la musica trattata come oggetto di studio, approfondimento ed elaborazione dei suoi schemi. Si, gli Psychofagist non sono una band normale, ma non è nemmeno quella di tre svitati. A me danno sempre l’impressione di sapere bene ciò che fanno. Le parole di Marcello Sarino ne sono la conferma.

Ciao, l’ultima volta chiedevo e speravo per una nuova pubblicazione targata Psychofagist e tu suggeresti (era novembre 2012) che era imminente. “Songs of Faint and Distortion” è sicuramente Psychofagist alla stato puro, eppure riesce anche ad andare oltre.
Grazie delle belle parole sul “andare oltre”. E’ ormai palese che ciò vuole essere il nostro obiettivo, il nostro modus operandi: cercare di abbattere le barriere ma ben consapevoli che la base, le radici e il midollo sono consolidate e, in un certo senso, affermate.

L’album accoglie la collaborazione dei Napalmed (http://www.napalmed.cz/), la cosa è nata per un’esigenza? Voglio dire, vi serviva proprio un supporto di quel genere e loro erano gli unici che potevano operare all’interno del vostro sound? Inoltre vorrei capire se le canzoni hanno ospitato dopo il loro contributo oppure sono nate con loro.
L’esigenza era quella di apportare nuova linfa, nuovi suoni ed esplorare nuovi orizzonti dopo la dipartita di Luca Mai e il suo sax baritono. Il noise è senza dubbio nelle nostre vene da sempre e i Napalmed sono tra i più fricchettoni e affabili amici portabandiera di questo mondo. L’interazione è stata biunivoca, sebbene le strutture di base siano di matrice psicofaga. Quello che posso dire è che non si è trattato di un mero sovrapporre samplers in post-produzione: tutto ciò che i nostri ci mandavano di elaborati, takes e recordings entravano nel calderone compositivo e loro stessi hanno agito analogamente con nostri ritagli sonori.

Un salto indietro. Tra il secondo e questo terzo album avete pubblicato uno split e un 7’’. Questo genere di “presenza” sul mercato con release di piccolo cabotaggio si sono rivelate utili? Tra l’altro prima del secondo album, “Il Secondo Tragico”, e dopo il primo omonimo ne avete pubblicati altri di split e singoli.
Credo tutte le release abbiano la propria utilità di mercato. Mi piace il termine ‘cabotaggio’ e in particolare posso affermare come all’epoca la scelta dello split con gli Antigama avesse in primis un obiettivo di nomea e diffusione del nostro verbo; al contrario, il 7” è stata una release dettata dall’imminente tour europeo di 3 settimane, proposto come stuzzicante apripista per il già programmato full-length. Sono fervido sostenitore di entrambe queste tipologie discografiche, sempre che siano supportate da una robusta attività live e dalla capillarizzazione nei circuiti underground più rilevanti.

Ora siete in tour e con molte date tra Italia, Francia , Spagna e Portogallo, poi cinque date in Israele, tra le quali ho letto che l’ultima a Tel Aviv è un “secret show”. Siete entusiasti di sbarcare in terra ebraica? Avete contatti con qualcuno o amicizie in Israele?
Non so davvero cosa aspettarmi, ma ho letto molte cose esaltanti sulla vitalità della scena punk del medio oriente (geograficamente generalizzando). I contatti e l’organizzazione sono stati gestiti da una nostra cara amica e promoter di Ostrava (Cz), che conosce bene quelle terre per lavoro e per diletto. Vi prepareremo un tour-diary, l’occasione è troppo ghiotta ed “esotica”!

Torniamo a “Songs of Faint and Distortion”. Mi sembra che questa volta il fluire della vostra musica è più scorrevole e comunque credo “soffra” ancora di un concetto di fondo, cioè che più strutture vengono messe insieme. Adoro in generale come una sconfini poi in un’altra, ma è possibile che stiate tentando di abbattere certi modi di pensare?
Capisco cosa intendi. Gli Psychofagist, nella loro bizzarria ed emancipazione, hanno sempre inseguito un proprio sound riconoscibile, un marchio di fabbrica generato e contaminato dalla commistione di più elementi e ispirazioni. Prescindendo però da ciò, molti considerano il crossover e l’avantgarde più come la dimostrazione dell’unione eterogenea dei generi, in cui si mescolano elementi riconoscibili uno per uno. La mia concezione è assolutamente opposta: quando mangio il minestrone, voglio riuscire a riconoscere tutti gli elementi solo dopo un’attenta e concentrata azione delle mie papille gustative, non al primo colpo d’occhio. Credo rappresenti un approccio più cervellotico, più intimo, sia per colui che confeziona la cosa, sia per l’utente finale. Forse è questo il motivo per cui di primo acchito “Songs of Faint and Distortion” può sembrare più scorrevole ed omogeneo, ma vi consiglio di farvelo entrare nel midollo…

Lo scorso anno la vostra reputazione, almeno tra gli addetti ai lavori, è accresciuta. Di voi si parla sempre bene, in toni di rispetto e riconoscendo le doti per il vostro discorso musicale che portate avanti. In termini di vendite e presenze di pubblico dal vivo le cose sono andate altrettanto bene?
Ahah, qua mi piacerebbe che gli autorevoli addetti ai lavori si facciano un esame di coscienza per capire quanto sono distanti dai gusti del plebeo pubblico. Salvo chi ci conosce, ci contatta direttamente e ci vuole davvero bene, non riusciamo ad avere una completa tracciabilità dei nostri spastici fans. Il fronte live è sempre soddisfacente e i relativi nuovi riscontri non fanno che esaltare questo fronte. Siamo una band troppo lontana dalle mode, troppo ambigua, troppo ‘o-si-ama-o-si-odia’ per targettizzare le nostre microscopiche schiere di fans.

Prima di chiudere vado a rinvangare nella tua precedente intervista. Alla domanda su cosa è più scomodo nell’essere in tour, la risposta è stata “La cosa più antipatica è selezionare una playlist da viaggio che per 8 ore soddisfi i gusti di tutti. C’è da scannarsi. Alcune traversate sono state particolarmente allucinanti, ma sai che lo fai per una buona causa”. Questa volta avete preparato una scaletta musicale per il viaggio?
Dunque: a metà tour abbiamo risentito di playlist non soddisfacenti e abbiamo cominciato a sclerare! Siamo stati troppo oberati prima della partenza per aggiornare gli iPod. Piano piano siamo riusciti a mettere mano a memorie rigide nostre e di chi ci ospitava, così, giorno per giorno, qualcosa è cambiato. Per darti un’idea, l’ultimo aggiornamento, risalente a pochi giorni fa, è constato di discografie complete di Depeche Mode, Judas Priest, Duran Duran e Maruta. Mi sto però rendendo conto di quanto l’heavy metal più classico sia la migliore musica da viaggio possibile. Purtroppo, nessuno di noi ha in mp3 la discografia di Ronnie James Dio (salvo periodo sabbathiano). Ne sento l’astinenza, sono serio.

Grazie mille per l’intervista, è sempre un piacere. A te la chiusura della stessa.
Scambio una copia del nostro 7” Unique.Negligible.Forms con il singolo di “Sunset Superman” del compianto Ronnie James. Se invece siete in cerca del nuovo disco, presentatevi nei peggiori negozi di musica con la maglietta degli Angel Witch, prendete per la collottola l’esercente e urlategli “The Psychos are back in town”.

Pubblicheremo news e chicche a breve, non perdetevele: a digression into distortion…

(Alberto Vitale)

Recensione

Intervista del novembre 2012

Intervista del febbraio 2012