7 febbraio 2020, Parma. Potete leggere tutto di quella serata QUI, ma quello che non troverete scritto in quel testo è la cosa forse più drammaticamente importante: quell’evento sarebbe stato l’ultimo del genere, l’ultimo concerto per il successivo fottuto anno e mezzo.

Diciamocelo, con la musica a palla dallo stereo in casa, ma in questo lungo tempo abbiamo abbandonato la vita notturna, il caos delle venue, gli eccessi, i chilometri in piena notte… anche gli amici, quelli che incontri ad uno spettacolo e che poi rivedi… al prossimo spettacolo.

Il rock che appartiene alla notte è diventato una tragica quanto triste serie TV fatta di concerti live streaming, poi alternati da inni al ‘restacasismo’, da corsi di cucina online, da siti porno che regalano abbonamenti per consolare nazioni altrimenti impegnate a cantare com dei beoni dall’alto dei balconi. Le bandiere del metal sono sono state sostituite da quelle colorate dell’andrà tutto bene (a proposito, sull’argomento, … ok… no comment, ma quelle bandiere potete infilarvele… sapete dove!), l’incontro al negozio di dischi è diventato acquisto compulsivo online, il ‘meet & greet’ si è trasformato in crowd funding, praticamente gente disoccupata che aiuta idoli altrettanto disoccupati. Il ‘metti in pratica quello che predichi’, tanto caro ai veri metallari, ai ‘trve metallers’, il portare avanti la fede per il rock comunque, ovunque e contro tutti si è trasformato in una costante battaglia sociale (ma solo online, mica in piazza, sia chiaro!) tra pro vax, no vax, fuck vax e sballo-vax… tra scienziati veri e falsi (sognerei di sentire un brano dei Manowar sull’argomento)… tra governi che sanno cosa fare (sempre quelli degli altri paesi) e quelli che sono dei totali incapaci… tra neo esperti in tutto e gente che vorrebbe farsi solo i cazzi suoi… cosa poi alquanto difficile visto che ora serve una tessera anche per andare al cesso, mentre tu -che non hai mai avuto nemmeno la tessera della biblioteca parrocchiale- ti senti confuso, tradito… e non capisci se si tratta di una tessera sanitaria, politica, di un lasciapassare di infausta memoria o di un QR code per scaricare contenuti ‘OnlyFans’.

Veramente: è un anno e mezzo che non ci si capisce un cazzo. Non lo capisco io, non lo capite voi, non lo capiscono le voci e le facce dei fenomeni da baraccone che infestano i media. Brancolano nel buio sia i medici che i politici, i virologi diventano dei veri influencer, mentre gli artisti -pur di evitare l’oblio- abbracciano l’una o l’altra fede, spesso apparendo ridicoli… ma rimanendo comunque ad un certo livello di notorietà, per quanto triste esso sia.

Davvero, viviamo in un mondo in totale confusione.

E i mesi passano: un tempo c’era una frazione del mio tempo costantemente dedicato alla ricerca dei prossimi concerti, sia per fini giornalistici, sia per programmazione dell’agenda personale… spesso dovendo scegliere un evento piuttosto di un altro, causa sovrapposizione delle date… del tempo ora ampiamente impiegato per fare altro… tanto i concerti non ci sono, e quando vengono annunciati con tanta enfasi mediatica, vengono poi cancellati con altrettanta propaganda, verso la conseguente discesa negli inferi dei rimborsi.

Poi un giorno salta fuori che c’è davvero un concerto, il quale non sembra essere oggetto di cancellazione o posticipo. Si riattiva immediatamente la rete di contatti, due telefonate, un giro per la rete: sembra tutto vero! C’è un concerto, un vero concerto, un open air, tutti in piedi, band vere sul palco, ed un headliner di fama internazionale, ovvero i Necrodeath, anche loro di ritorno sul palco dopo un anno e mezzo di inattività.

L’evento è il Monfy Sound Fest, un piccolissimo festival ad ingresso gratuito il quale celebrava la sua seconda edizione, con la prima tenutasi eroicamente nel 2020, in un ritaglio spazio temporale tra una zona di un colore e quella di un altro.

Gli organizzatori sono amanti del rock, del metal, gente come Stefano che oltre a far funzionare le cose si è pure esibito con la sua band, oppure gente come ‘Incubo’, pieno di forza ed energia nonostante i cazzi della vita e la tristezza per la recente morte del suo idolo, Mike Howe. E poi tutti gli altri, tantissimi, costantemente indaffarati per garantire il perfetto svolgimento del fest.

Non so come siano riusciti a farsi dare i permessi, ma l’evento si è tenuto regolarmente in un parco comunale nel centro di Monfalcone (GO), il quale nel primo pomeriggio vedeva una surreale mescola di metallari borchiati e tatuati in mezzo a mamme che spingevano il passeggino del bimbo tra l’ombra degli alberi, altri bambini che giocavano a pallone o scorrazzavano con lo skateboard, comunità di immigrati che si riunivano tra loro parlando la loro lingua, dopo una settimana di duro lavoro… per sentirsi un po’ più a casa nella loro nuova casa, ovvero l’Italia.

Con un meteo favolosamente clemente, sul palco si sono esibiti i Dark Pools con la loro aggressività sferzata da un groove poderoso.

Poi i pirati Old Roger’s Revenge, con un metallo massacrante esaltato dall’ottima performance del vocalist.

I mitici Sacro Ordine Dei Cavalieri Di Parsifal, devoti al metallo fino al midollo…

…seguiti dal black evocativo dei Gates of Doom,

L’irriverente old school dei fragorosi Kryptonomicon, prima dei leggendari headliners…

…gli intramontabili Necrodeath, capaci di offrire uno spettacolo superlativo!

Dalla band di apertura al culmine della serata: performance perfette, ogni band ha dimostrato di non aver perso l’energia, di essersi tenuta in allenamento durante tutti questi mesi di ‘inattività forzata’. Mi aspettavo momenti impacciati, mancanza di sincronia, errori umanamente prevedibili, ed invece ogni gruppo sembrava in perfetta forma, come se l’ultimo concerto suonato si fosse tenuto solo qualche giorno prima.

A supporto di tutto questo sicuramente la cura di un’ottima organizzazione, anche in grado di rispettare una puntualità incredibile… tanto che, dopo tanti anni, questo è il primo festival al quale assisto che segue in maniera maniacale gli orari annunciati di inizio e di fine di ogni singola esibizione.

Festa, amici, un pogo scatenato. Con una affluenza molto corposa, la quale ha visto l’arrivo di gente anche da molto lontano, portata da un tam tam di passa parola, piuttosto che da un lavoro di immagine (credo esista per ora solo la pagina social dell’evento, non c’è traccia di sito web o pagina ufficiale), il Monfy Sound Fest è agli inizi della sua carriera: i ragazzi che l’hanno concepito vogliono crescere, vogliono espandersi, vogliono offrire di più, vogliono metterci ancora più passione per dar vita ad un evento unico proprio a casa loro.

Ho partecipato a tantissimi festival, sia già noti che appena nati. Ho assistito a tante prime edizioni di eventi del genere. Qualcuno alla seconda non ci è mai arrivato. Qualcuno ha mollato dopo pochi ulteriori appuntamenti… anche perché mettere in piedi una cosa del genere ti impone di crescere ogni volta, di alzare il tiro, di puntare più lontano, con conseguente impegno di tempo, di energie e di denaro. Ma tutti questi eventi ormai defunti ed appartenenti al passato, nacquero in momenti favorevoli, senza limitazioni sociali di alcun genere… con un potenziale di affluenza -e di successo- teoricamente illimitati. Eppure ormai sono andati, scomparsi, relegati nei ricordi dei pochi presenti.

Il Monfy, invece, è riuscito a portare una marea di persone in questo periodo critico, in piena pandemia socio-politica-sanitaria. I ragazzi sono riusciti a realizzare una serata perfetta mentre, contemporaneamente, decine di altri eventi vengono quotidianamente annullati o (ipoteticamente) posticipati a data da definirsi (va di moda ‘il prossimo anno’, se mai ci sarà ‘un prossimo anno’).

Fare un fest ora, in questo momento storico, e farlo anche bene non è un lavoro facile… non è una cosa alla portata di tutti.

Loro? Ci sono riusciti, ci sono davvero riusciti!

Mentre io, ancora con l’energia trasmessami dalle sei band che si sono esibite, mi sto ancora chiedendo se sia successo veramente.

Per fortuna è stato un ritorno ai concerti anche per la nostra fotografa… la quale -come sempre- ci mostra le inconfutabili prove che il Monfy Sound Fest si è tenuto per davvero!

(Luca Zakk)