MISS LAVA – “Red Supergiant”
(Raging Planet Records) Loro sono sporchi, brutti e cattivi. I loro riff non sono da meno, in quanto risultano pesanti, grezzi, avvolti in una distorsione ossessiva. Musica prodotta bruciando innumerevoli pieni di benzina, polverizzando intere casse di birra ghiacciata. Sono portoghesi, ma il loro sound è esattamente la colonna sonora (altro…)

(Selfmadegod Records) L’ipertrofia creativa di Rogga Johansson mi infastidisce, l’ho scritto già diverse volte, eppure Megascavenger è un suo progetto che aspettavo, perché l’EP “Songs of Flesh (Part I)” si era rivelato un lavoro di “Nihilist o comunque dell’old style fatto di muffa, cadaveri e funerali trasformati in banchetti allucinati del death metal svedese dei primordi“. Questo sembrava l’EP è questo è l’annunciato “Descent of Yuggoth”.
(Dark Descent Records) Ricordo ancora il comunicato stampa che annunciava l’uscita di questo album. Per un solo motivo: adoro le immagini di demoni e del diavolo tratte da stampe di epoca medioevale o che riprendono quello stile. La cover di “Coils of the Black Earth” è davvero inquietante e non lascia spazio a dubbi sul fatto che i Maveth abbiano un sound malvagio e infernale. Del resto anche i titoli, prima ancora di arrivare ad ascoltarli, si rivelano eloquenti: “Hymn to Azael”, “Hymn to the Black Matron”,
(Ukem Records) Sono circa 13′ di randellate, questo EP d’esordio degli inglesi Masochist. Randellate tirate addosso all’ascoltatore attraverso chitarre dalla distorsione pastosa e ambedue registrate da Liam Murnin, da un basso denso e ben udibile, suonato da Dale Brown, e da una batteria, suonata da Steve Remington, che segue gli umori del riffing. La voce è quella di Lewis Gollick. Tutti molto giovani e con poche esperienze alle spalle, almeno per due di loro, e che non li ha scoraggiati a lanciarsi in questo death metal
(Napalm Records) Gli australiani Mammoth Mammoth sono una onesta espressione hard rock, stoner e alcholic rock. Esiste quest’ultimo genere? Non lo so, sinceramente. Tuttavia credo sia perfetto per arrivare alla conclusione di cosa sia il sound conseguente, una volta che i primi due generi indicati si fondono insieme. C’è quella sana, salutare, impetuosa e sfacciata voglia di fare casino. Al di là della copertina molto “peace and love”
(Dynamic Arts Records) Erano anni che non avevo notizie dei Masterstroke, ed effettivamente leggo in giro che la band finlandese si è presa un discreto break dalla pubblicazione di “As Days grow darker”, del 2009. Li ritrovo adesso con questo “Broken”, che ci ripresenta alla massima potenza il melodic metal molto Nevermore che i finnici hanno suonato fin da inizio carriera. Se amate quindi questo tipo di sonorità potete andare sul sicuro, anche se il disco ha un piccolo difetto: è decisamente breve!
(Hellprod) Sognatori? Illusi? Gente fuori dalla realtà? Non lo so, ma la gente della Hellprod è davvero a modo ed è un piacere dare spazio alle loro uscite, spesso realizzate su musicassetta. E’ il caso dei portoghesi Mystical, con questo loro esordio, “Demo I”, limitato a 50 esemplari. Sette pezzi nemmeno, quindici minuti, black metal scarno educato da un cantante, un chitarrista e un tastierista che manovra anche la batteria programmata. Tutto elementare, casalingo. Tutto molto underground.
(Horror Pain Gore Death Productions) I Mountain grave nascono da un’idea di Bryan Rush nel 2005. Nel tempo poi si sono associati altri musicisti, molti dei quali provenienti da band del sottobosco metal americano, e in particolare dell’Indiana, lo stato di Rush. Due album, un demo ed ora questo EP. Solo cinque brani ma decisamente chiari nel rivelare questo ingarbugliato sound di death metal a tratti con derive brutal, ma molto di più fatto di influenze tipo Carcass, Obituary, ma anche di black metal sparato a mille
(Devouter Records) Recensisco con notevole ritardo questo lavoro dei Make. Da metà novembre ad oggi avevo sentito dire che “Axis” fosse una release meritevole. Dopo l’immenso “
(AFM Records) Questa formazione finlandese mancava dal 2007 con un album sul mercato. Dopo vari cambiamenti nella line-up ecco uscire questo nuovo full length, votato al melodic death metal dei Dark Tranquillity e band simili. Di conseguenza “…and Death Said Live” si accosta a quello stile di molti anni fa e non cade nelle nuove tendenze che infestano al giorno d’oggi questo genere. Buoni tappeti delle tastiere che spesso rafforzano le melodie sviluppate nella mediana dei pezzi,
(Pitch Black Records) “1821”, dedicato alla guerra di indipendenza greca, è il meraviglioso album che mi ha fatto conoscere i Marauder, band dedita ad un heavy/power decisamente roccioso e quadrato. “Elegy of Blood” è il quinto album e giunge dopo ben quattro anni di silenzio: un periodo abbastanza lungo, che però non sembra aver fiaccato la verve della band. “The great War” ci mostra la band ellenica un po’ più arrembante e cattiva del solito: il basso di Thodoris Paralis trapana il cervello, ma il ritornello è sempre
(Rising Force Records) E’ molto difficile recensire, quindi giudicare, sua santità Yngwie J. Malmsteen. Lo confesso, la mia professionalità traballa, cede, per il semplice fatto che ho sempre adorato la sua musica, la sua maestria, la sua velocità, le sue immense capacità artistiche. E fintantoché propone i suoi arpeggi impossibili, i suoi assoli caratterizzati da velocità sovrumane, allora io faccio fatica ad essere obiettivo. Però ci provo. Sapete, credo Malmsteen abbia un problema.
(Deathgasm) Per quanto mi possa piacere il “sound da cantina” (come mi è stato detto una volta in redazione) e avere simpatia con le band che hanno sonorità ruvide e underground, questo nuovo lavoro dei Manticore non mi convince più del dovuto. La band di Cleveland è una violenta manifestazione di blackened death metal di natura old style. Il riffing è un miscuglio di infernale e lurido black/death/thrash, senza fronzoli, esposto con distorsioni dozzinali
(Warner Music Denmark) Suoni oscuri e pesanti. Un rock alternativo, diverso, non usuale che proviene dalla Danimarca. Un velo di malinconica energia si diffonde con le note di queste dieci tracce, che scandiscono i quasi quaranta minuti che rappresentano la proposta musicale della band. Una band con un’interessante sessione ritmica, capace di creare un’imponente, ma mai troppo aggressivo, muro sonoro, dove i toni cupi sono dominanti, creando quella sensazione d’ispirazione quasi dark 
(Autoproduzione) La band si contorce in questo sound che mette insieme il melodic death metal e il metal/thrashcore dal quale si pone in evidenza immediatamente il dualismo tra la voce di Sara Rojec e il riffing serrato di Simone Donato e Riccardo Caccialanza. La Rojec ha un timbro vocale assurdo e ringhioso, ho dovuto guardare un video della band per accertarmi che fosse davvero una donna a cantare. Complimenti, sei un demone! Lei si produce anche nei canonici inserti clean vocal nei ritornelli
(Debemur Morti Productions) Come da copione anche il terzo album dei Monolithe è composto da un solo pezzo, la cui durata è di 52′. Anche questa volta i francesi hanno deciso di esprimersi attraverso una composizione che in passato qualcuno l’avrebbe chiamata suite. Lo stile è sempre di natura doom, ma rinforzato da tastiere
(Vic Records) Si scrive Magnum Itiner Interius e si legge Daniel Corchado (ex Cenotaph, quelli messicani, Incantation) ovvero una one man band. Corchado suona tutti gli strumenti (la batteria è programmata) e compone il materiale. L’etichetta lo definisce “atmospherical, experimental yet dark and melodic instrumental metal” questo sound, ma sembra essere un derivato del gothic doom inglese anni ’90
(My Graveyard/Masterpiece) Ci sono voluti 15 anni e un lungo periodo di sostanziale inattività perché i veneti Menace giungessero al debut: ancora una volta (ormai sta diventando un mantra!) è la My Graveyard Productions a dare una chance a una band italiana legata al metallo classico. Chance che sicuramente non è andata sprecata! Vediamo i brani fondamentali di questo “Heavy Letal”.
(Autoproduzione) “Das Herz ist klassik, Metal der Puls”: ‘il cuore è classico, ma il suo pulsare è metal’. Il primo topic sul sito ufficiale dei tedeschi Molllust (con tre ‘elle’, si badi bene!) recita così ed è effettivamente la frase giusta per delineare la proposta musicale di questo sestetto così atipico, che mescola appunto i due generi sopracitati in proporzioni finora mai conosciute.
(Selfmadegod) esistono dalla metà degli anni ’90 e il loro nome mi è passato davanti più volte, ma “Still the Kings” è assolutamente la prima cosa che sento di questi tre svedesi. L’album è costituito da ben 19 pezzi eseguiti in meno di 20′. Dunque non solo il grindcore, il genere anzi non è proprio espresso al suo massimo potenziale, ma anche e soprattutto l’hardcore, il crust e il thrash metal, nella sua forma.
(Black Tears) Peso, batterista degli storici Necrodeath, ha l’idea di rifare “The Dark Side of the Moon” e coinvolge Pier Gonella (Necrodeath e Masterastle) in questa avventura. Il progetto prende forma attraverso la partecipazione di musicisti della MusicArT, una scuola e studio di registrazione, fondata da Pier Gonella nel 2011. Oltre alla batteria di Peso e alla chitarra di Gonella, c’è la voce di Zanna (ex Sadist)
(Grom Records) La serba Grom pubblica il secondo album dei Mephorash, band svedese votata ad un black metal tenebroso e che per sfumature mi ricorda quello dei Watain. I tre musicisti piantano un nero e gelido inferno in questo nuovo lavoro che probabilmente avrà le sue buone caratteristiche per interessare il consumatore medio di black metal, anche quello più navigato.
(Horror Pain Gore Death) Female fronted thrash metal non mi era ancora capitato di ascoltarne, ma i canadesi Minax mi piacciono: guidati dalla piacente Cara McCuthen e dalla sua voce lamentosa e inquietante, mettono insieme i cinque brani che vanno a costituire questo “Vengeance rising”. Produzione underground, riferimenti in ogni dove agli Exodus e agli Exciter ma anche a qualcosa di più classico,
(Shadow Kingdom Records) Prima di “Necropolis” e “Flaming Metal System”, prima dell’epic metal, per certi versi prima ancora dell’heavy metal stesso, i Manilla Road erano una fra le tante band che, nella seconda metà degli anni ’70, sperimentava nuove soluzioni sonore nel fertile humus musicale nordamericano. “Invasion” è il loro primo disco, a dire il vero non troppo noto, ristampato un paio di volte nel corso degli anni
(Mortal Music) Dopo l’EP “Man: Instincts”, uscito a luglio, i londinesi Monsterworks pubblicano la seconda opera di questo concetto musicale che li porterà a pubblicare tre EP in totale. “Man :: Intrinsic” è il secondo dei tre e presenta come il precedente una direzione mai uguale a stessa. I pezzi variano, pur partendo da una base di thrash-stoner comune, ma dall’indole progressive visto che tende sempre a voler cambiare il proprio aspetto.
(Svarga Music) Munruthel è un Signor Artista. Esperienze nei favolosi Astrofaes, nei Nokturnal Mortum e di recente ha partecipato nei Thunderkraft per l’album “Totentanz” e dopo un anno da “The Dark Saga” ecco un nuovo atto di symphonic folk black metal. L’ucraino Munruthel scava nelle proprie radici culturali ed etniche e tira fuori melodie antiche, suoni di terre sconfinate, trame dalla poetica sonora universale.
(Itchy Metal Entertainment) Non so quante band al mondo si chiamino Maelstrom, questi vengono dagli USA, Long Island, e hanno avuto una vita breve tra gli anni ’80-’90. A quanto sembra l’avvento del grunge ha contribuito a spegnere il fuoco dell’esistenza di questa band thrash metal. Il grunge è morto, portandosi nella tomba un buon 90% di quello che ha fatto, ma i thrasher non lo sono mai, morti, e ritornano sempre.
(Horror Pain Gore Death Productions/Dysphoria) Quella copertina hai dei tratti di penna niente male, certo è splatter e forse anche scontata. Di sicuro illustra il contenuto: due canzoni della band di Baltimora, detta Marrow, che suona un death metal cruento e dai suoni brutal, ma dalla struttura musicale chiara.
(My Graveyard/Masterpiece) Dopo la pacifica e consensuale separazione da Rick Anderson, tornato peraltro in forza ai Warlord, i Martiria si sono trovati di fronte alla sfida più stimolante della loro carriera: e nell’ambiente dell’epic e dell’heavy metal classico molti si chiedevano se il quinto album della formazione capitolina, un concept sulla storia antica della loro città, sarebbe stato all’altezza delle aspettative.
(Magic Circle/Audioglobe) Ecco qua, ancora peggio di quanto pensassi: come annunciavo nella recensione dell’edizione digitale (
(Logic(il)logic Records/Andromeda Dischi) Sette lunghi anni sono stati dichiarati defunti da innumerevoli e variopinti calendari. Sette lunghi anni sono diventati passato, pagine dimenticate, cose che non torneranno. Sette lunghi anni da quel 2005, anno dell’album di debutto di questi rockers italiani. Un’eternità. Un’attesa interminabile. E’ spontaneo chiedersi cosa abbia tenuto occupati questi ragazzi in questi anni. Semplice.
(Heart of Steel Records) Vi risparmio le parole che usano i Maieutica per presentarsi, dico solo che la filosofia non mi ha mai particolarmente attratto, ma il “Logos”, la parola e il suo significato e i suoi effetti si. Tuttavia per evitare di passare da uno che snobba la filosofia e flirta con la linguistica, è meglio arrivare al dunque in questo lavoro dei Maieutica. Per me sono una band di rock, molto energico, quasi heavy e con solide evoluzioni progressive. Musicisti preparati e basterebbero già i buoni solo delle sei corde di Matteo Brigo ad accattivarsi l’ascoltatore.
(Massacre/Audioglobe) Quando ancora esistevano il comunismo e il Muro di Berlino, i Macbeth si imposero come una delle prime formazioni heavy metal della DDR; dopo un torrenziale concerto che – pare – turbò oltremodo i fan presenti e l’ordine pubblico, fu addirittura loro imposto di sciogliersi, e il suicidio di ben due membri originari della band ha interrotto più volte, e in modo decisamente drammatico, il corso della loro carriera.