DJINN AND MISKATONIC – “Forever in the Realm”
(Transcending Obscurity India) È la prima volta che mi capita di recensire un disco proveniente dall’India, e sono sorpreso di trovarvi un sound profondamente europeo (anche nell’accento del cantante). I Djinn and Miskatonic sono all’esordio e piaceranno soprattutto ai puristi assoluti del doom più plumbeo. I brani in scaletta sono quattro (più una breve intro di “Voice from the Tomb”): si parte con (altro…)
(Fuel Records) E’ il Messico il luogo ideale per i Dark Lunacy dove realizzare un DVD live. A Città del Messico per la precisione e nell’ambito dell’ “Eye Scream Fest 2012”. Di questo “Live in Mexico City” ho avuto però modo di ascoltare soltanto l’audio e dunque nessuna immagine in visione. La resa sonora è buona e abbastanza sincera nel dare un’idea dell’atmosfera live. Meno efficaci invece
(Autoproduzione) Ai genovesi DarkUpside le definizioni stanno certamente strette: il loro esordio non è progressive, e non è ‘alternative metal’ (se esiste e come diavolo vogliate chiamarlo), ma un riuscito compromesso fra tendenze moderniste, il prog metal, i Rush (grande amore della band, come dichiarato nelle note promozionali) e qualcosa del post metal inglese di cinque o sei anni fa.
(Autoproduzione) Buona proposta deathcore da Udine, creata dai Despite Exile, una band che in tre anni è arrivata a questo debut album passando attraverso un EP e tanta gavetta live. Trovo impressionante la coesione dei cinque musicisti e il notevole grado di maturità che riescono a dimostrare in questo primo lavoro. In realtà i Despite Exile non sono una completa e pura deathcore
(Autoproduzione) Il fatto che i Dormant Ordeal siano polacchi lo si capisce da “Cypress Mourning”, prima canzone che dopo l’intro apre le ostilità di questo “It Rains, It Pours”. La canzone svela subito la scuola estrema di quella nazione in tutta la sua brutale e lucida forza, anche se cenni di Morbid Angel e Suffocation non mancano a questo sound corposo e devastante. Furia micidiale
(Mulligore Production) Già autori di un album, di debutto, i Day of Execution a distanza di un anno si ripresentano con una nuova release, ma questa volta è un EP, ovvero “Pointless Cause”. Buona espressione di un death metal vagamente old style e con tratti brutal, comunque dall’aspetto solido, pesante e con un leggero groove che pervade le distorsioni cementate da una base ritmica
(Synthetic Symphony / SPV) Sussurrato, atteso, annunciato e poi ecco il nuovo album dei Die Krupps, che la band industrial/EBM intitola “The Machinists of Joy”, ispirandosi per l’appunto ad un proprio vecchio hit, cioè “Machineries of Joy”. L’impressione è che quando il macchinario Die Krupps si accenda da subito vada in carburazione questa carrellata di pezzi, undici, ma ho anche avuto
(Oblivion / SPV GmbH) Artisti, musicisti, tutti professionalmente impegnati che decidono di dare vita ad un nuovo progetto. E’ questa la sintesi dei Darkhaus, band con origini in ben quattro nazioni (Scozia, Stati Uniti, Germania, Austria). Band moderna e contemporaneamente fuori epoca. E, lasciatemelo dire, questo “My Only Shelter” li avrebbe resi maledettamente
(Svart Records) Estremo confine tra suono e rumore. Emissioni acustiche che trovano origine in uno spazio siderale, che trovano nuova vita nell’impatto con l’atmosfera terrestre, nella quale si trasformano, evolvono, si intensificano. I finlandesi Domovoyd catturano questi indefinibili astri e li convertono in uno sludge/drone, capace di ipnotizzare, annebbiare, spingere in un viaggio
(Agualoca Records) Heavy metal semplificato. E’ così che definiscono la loro musica i Driving Mrs. Satan, trio anglo napoletano che ha avuto un’idea assurdamente geniale. Heavy metal? Più o meno. Rabbia, grinta e violenza? No di certo. I Driving Mrs. Satan vantano una cantante -Claudia- bravissima, con una voce che potrebbe fare dei numeri sia nel mondo hard rock che in quello
(Helldprod) Ennesima produzione lo-fi per la Hellprod che propone i Disthrone, portoghesi arrabbiati e feroci, esecutori di un crust/D-beat arcigno e serrato e con influenze thrash metal, di tipo teutone. La band nacque qualche anno fa attraverso un personaggio giovane dell’underground lusitano, come Daniel Pereira chitarrista degli Undersave. Daniel è stato poi affiancato
(Red Sound Records) L’abisso. Infinito universo liquido, oscuro, profondo. Mortale. L’esperienza dell’immersione che evolve -degenera- verso l’affogamento. Debutto per gli italiani Dotzauer che compongono questo concept album che descrive l’ultimo viaggio verso la mancanza dell’aria, una tomba di lapidi disciolte che rappresenta uno spirituale senso di eternità.
(Autoproduzione) I Dystopia di Den Helder, Olanda, sono nella terza fase della loro carriera. La prima è stata segnata da un demo iniziale e dallo scioglimento della stessa band nel 2008. La seconda è stata il ritorno con un album, una nuova formazione e l’apertura di concerti per Meshuggah e Opeth. “Haat” rappresenta dunque il terzo stadio. I Dystopia mettono sul mercato questo due pezzi
(This Is Core Music) Nati dalle ceneri dei My Sweet Nightmare, band metalcore, i Desource si propongono con questo debut album alla scena (estrema) italiana, nella quale da il suo contributo la This Is Core Music, che fa delle modernità il suo credo. Il sound dei Desource è un ottimo ibrido tra metalcore, cenni nu-metal, hardcore, groove metal e così via, ma con una dominante progressive
(Rock’n’Growl) Il debut degli inglesi Deadly Circus Fire è pronto da più di un anno, ma solo adesso, per vari problemi con il mastering, riesce a vedere la luce. La band suona un interessante prog modern metal che ha forse nei Tool il proprio referente più vicino; alla sei corde troviamo un italiano, Save Addario. Si comincia con gli otto minuti di “Through the Soil”: chitarre tostissime, qualche passaggio
(Ublimity Records/Medival Records) Il virtuoso Ucrainio Dimitriy Pavlovskiy torna. Torna con un album più variegato, più ragionato, forse più ispirato. Sicuramente più maturo rispetto al debutto “Powersquad”. Sempre ampie le sue influenze, sempre genialmente coordinate. Potenza neoclassica ben mescolata ad idee classiche, idee moderne e potenza heavy metal sempre abbondante.
(Eolian Empire) Ecco arrivare da Portland un sound vissuto, usurato, nato dal do it yourself. Un sound con distorsioni granulose, cupe. Un sound fatto di Big Black, Nirvana di “Incesticide”, Sonic Youth e dunque punk, grunge, noise. Di noise ce n’è molto, di attitudine priva di forme tanta. Non si legano a schemi precisi i Drunk Dad e dunque scelgono di essere incerti nel
(Synthetic Symphony / SPV GmbH ) Altro album del progetto solista di Mozart, mastermind della band tedesca Umbra Et Imago. Elettronica. Dark pop. Radici che sembrano in linea con i Rammstein, che poi si sviluppano in una direzione lontana dal metal tradizionale, per orientarsi su livelli strettamente gotici, oscuri ed elettronici. Suoni che a me piacciono, che mi catturano, che
(Agoge Records) Un’autentica mazzata. Roba che spacca le ossa. Roba che fa male, che scuote, che azzera la pace interiore, toglie il respiro, elimina il sonno. Sono Italiani, e sono al debutto. Dichiarano uno stile ispirato da stoner e grunge, ma che non nega massacranti ispirazioni tratte dal thrash e dall’hardcore. Per semplificare sono una band che ha un suono che ricorda vagamente
(Atomic Stuff Records) Potenza sotto controllo. Gli italiani DangerEgo dominano, controllano, regolano una dose di potenza molto elevata, tipicamente associabile a bands che si dedicano allo stoner. Ma la loro iniezione di intelligenza è basata sostanzialmente sul togliere quella caratteristica esagerazione di suono grezzo, a favore di una impostazione tecnica, vagamente influenzata da componenti
(Cyclone Empire) Per qualche tempo i Demonical sono stati la “next big thing” del death metal svedese, ma è stato un atteggiamento sbagliato da parte di chi li propinava come tali. Il death metal svedese è uguale a se stesso, non ne esiste l’evoluzione e chi si è evoluto in realtà quel genere non lo suona più. Punto. Oggi, 2013, e dunque oltre un lustro da “Servants of the Unlight” che tanto entusiasmo suscitò, mi sento ancora più sicuro di questo mio pensiero. A scanso di equivoci scrivo che non ho nulla contro la band, anzi è
(Metal Inquisition Records) Scrivere di un album, sapendo di essere condizionato dalle proprie preferenze e gusti, è eticamente corretto? Prima ancora di ascoltare “The Perishing Empire of Lies” mi sono accorto che c’erano tutte le premesse per farselo piacere. L’album mi è stato passato da un amico dei Decapitated Christ (non c’è che dire, nome fantastico), nonché collega di redazione, il quale conosce i miei guasti musicali. Leggo che “The Perishing Empire of Lies” è stato masterizzato da Dan Swanö al solito studio Unisound, quindi la resa sonora ha un sigillo di garanzia. Vi suona la batteria, in “Marching”, un tale come Pete Sandoval, dei Morbid Angel, e canta in altre due Sua Maestà
(Despotz Records/ Cargo) Dahlqvist è un ex Hellacopters, chitarrista. Dopo dieci anni con gli Hella e quattro con Dundertåget e progetti vari ha pensato bene di dedicarsi a qualcosa di totalmente individuale, appunto un album solista. Robert ha aperto il suo cuore in soccorso alla sua inventiva ed ecco che “Solo” è un rock cantato in svedese, nel quale trovano spazio tante composizioni acustiche, a volte sul genere dello psych-folk, ma con melodie morbide e soavi, risvolti più o meno psichedelici e alcun pezzi
(Autoproduzione) “Sick of My Lies” apre questo debutto assoluto per la thrash/death metal band italiana Disnòmia e segnala immediatamente come i novelli musicisti siano indirizzati verso un ordine compositivo e vagamente prog, nel senso dei continui cambi di atmosfere e ritmi. Uno stile pulito, infarcito di qualche buona melodia che mi ha ricordato alcune cose dei Rotting Christ di fine anni ’90 o comunque il death metal inglese che implementava accenni doom e poi gothic. Antonio Di Rico viaggia su tonalità
(AFM/Audioglobe) Piuttosto noti in Germania ma non qui da noi (ed è un dato che sottolinea ancora una volta quanto sia smisurato il mercato tedesco), i Dark Age suonano una sorta di melodeath o metalcore che io mi ostino a chiamare, sempre convinto che esistano soltanto i generi classici, power moderno con inserti death. E devo dire che, in un genere inflazionato come questo, i Dark Age hanno poche probabilità di farsi notare fuori dai patri confini, anche se spingono molto sugli elementi più appetibili per un pubblico
(Heaven and Hell Records) Se gli americani fanno power, in linea di massima non si dedicano alle atmosfere più epiche e sinfoniche, ma lo contaminano con il thrash e soprattutto con il prog metal. Rispettano questa ‘regola’ gli esordienti Dark Design, del North Carolina, autori di un debut granitico, naturalmente per nulla originale ma decisamente godibile per gli appassionati del genere. La traccia autotitolata è un power/thrash roccioso, sullo stile degli Iced Earth o forse ancora di più dei
(IronBonehead) Cripte che si aprono, tombe che si scoperchiano, rituali che invocano demoni innominabili. Ascoltare questo split album è come avvicinarsi a questa catastrofe dell’occulto, a questo rituale del male. “Accept the Mark”, appunto, accettate il marchio di Satana e non ve ne pentirete. Deiphago, dalle Filippine, un mostruoso, longevo (sulla scena dagli anni ’90) e underground esempio dei primissimi Slayer, ma suonati alle velocità
(Massacre) Si sente che questa band non ha nulla di improvvisato o almeno i suoi musicisti nell’operare, nel suonare, riescono a comunicare una certa padronanza e non dello strumento, ma in ciò che fanno, nel songwriting. Secondo lavoro per i Duskmachine, gente che annovera musicisti presi da Primal Fear e Annihilator, come il batterista Randy Black, il bassista e tournista degli Annihiltator Russell Bergquist, l’ex Deception
(Black Widow Records) I Daemonia non fanno metal nel senso stretto del termine. Ma sono sempre stati vicini a questo mondo, un po’ per alcuni pezzi decisamente heavy, un po’ per essere un simbolo che si è sviluppato sulle colonne sonore dei mitici film di Dario Argento, solitamente pellicole che gli appassionati di musica dura sanno apprezzare, gustare, amare. Questa produzione è una specie di nuova release
(Massacre) Cinque anni per un nuovo album, sono tanti. Lo sono perchè al giorno d’oggi in media le band lavorano, almeno quelle grosse, quelle delle major o presunte tali, sulla routine dell’album, tour, altra manciata di concerti sparsi e nuovamente in studio per un nuovo album, quindi si va sui due anni o appena tre. I Darkane si sono presi il loro tempo – ed io il mio per recensirli, visto che
(RemedyRecords) Sotto certi aspetti questa band di Lubecca si sta facendo le ossa, visto che è nata da circa quattro anni e prima di questo debut album ha realizzato un EP e una serie di situazioni live di un certo prestigio. Una delle tante storie, una delle tante realtà della musica metal , se non fosse che “Planet Earth: Ground Zero” risulta talmente maturo e ben suonato che il thrash metal dei Tedeschi sembra essere quello di una band allenata e d’esperienza. Thrash metal molto potente, con un sufficiente livello
(High Roller Records) Composti da membri di Dismember, Carnage, Grave e Necronaut, i Dagger saggiano il mercato con un 7’’ di esordio, edito ovviamente dalla High Roller Records. Poco più di sei minuti di musica: il brano che dà il titolo al singolo è una cover degli a me sconosciuti Quartz, band seminale di NWOBHM recentemente riformatasi: il pezzo è piuttosto lento fino all’esplosione finale, bella la linea
(Svart Records) Un’ora e venti. Tempo trascorso. Mi risveglio da un torpore, con un senso di angoscia. Tutto appare cambiato. Tutto è morto. Tutto è marcio. La luce è oscura, l’aria è tetra, l’atmosfera è opprimente. Un dio oscuro, una divinità oscena, uno spirito perverso. “Dakhmandal”, quarta opera dei misteriosi finlandesi
(Autoproduzione) Stoner e hard rock. E’ questa la dichiarazione di intenti. E le influenze parlano chiaro: Black Label Society, Down, Pantera. Cosa mai può risultare da una simile idea musicale? Decisamente qualcosa di esplosivo, originale, molto personale. Gli Italiani Di’Aul arrivano con questo nuovo album, il secondo, e non
(Napalm Records) Sesto album per i Deadlock e consueta ondata di (pop) melodic metal. E’ curioso, ma ancora oggi ancora si utilizza per la band tedesca l’aggettivo “death”, ma bando al loro passato e valutiamo al netto della sostanza il loro presente. “The Arsonist” possiede canzoni sorrette da una gemellare andatura cavalcante